Conte e il precedente di Berlusconi (che nel 2010 non si dimise)

Gli scenari possibili

GEN 12, 2021 -

Roma, 12 gen. (askanews) – Se il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, confermerà l’intenzione di ritirare l’appoggio al governo Conte 2 dopo l’approvazione del Recovery fund in Consiglio dei ministri la crisi di governo verrà formalizzata soltanto se il presidente del Consiglio dovesse dare le dimissioni. E non è scontato. Se si dovesse concretizzare uno degli scenari che vengono ipotizzati in queste ore in Parlamento, ovvero quello di un nuovo gruppo di “responsabili” che sostituisca i renziani a sostegno del governo Conte, l’avvocato del popolo potrebbe restare a Palazzo Chigi e chiedere una nuova fiducia alle Camere per sancire di avere ancora i numeri per andare avanti.

Con oltre sessanta governi alle spalle, di precedenti ce n’è per tutti i gusti ma nel caso della nascita di un nuovo gruppo la memoria non può non andare al 2010 quando una pattuglia di senatori – Domenico Scilipoti e Antonio Razzi i più indimenticabili – salvarono l’allora governo guidato da Silvio Berlusconi dalla crisi innescata dalle dimissioni dall’esecutivo, il 15 novembre, in piena sessione di bilancio, degli esponenti di Futuro e Libertà, il gruppo fondato da Gianfranco Fini in clamorosa rotta col Cavaliere.

In quell’occasione il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, convocò i presidenti delle Camere, Renato Schifani e lo stesso Fini, al Colle e dettò i tempi: prima si approva la finanziaria – pretese – poi si mette ai voti la mozione di sfiducia a Berlusconi. Il risultato fu che il leader di Fi ebbe un mese di tempo per fare ‘scouting’ e salvare il suo governo. Il 14 dicembre fu bocciata alla Camera la mozione di sfiducia presentata dall’opposizione di cui era parte integrante ormai anche Fli, mentre al Senato il Cavaliere chiese un voto di fiducia che venne approvato.

Dell’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si sa per certo che entrerà in gioco solo in caso di dimissioni di Conte ma Conte potrebbe anche decidere di salire al Colle solo per cortesia istituzionale e non per rimettere il mandato. Se il premier dovesse dimostrare di avere un gruppo vero e non raccogliticcio a sostegno del suo governo in sostituzione di Italia Viva, il capo dello Stato non potrebbe che prenderne atto.Se invece il capo del governo dovesse dimettersi, il pallino passerebbe nelle mani di Mattarella, si aprirebbe la crisi, le consultazioni e l’approdo non sarebbe scontato anche se quello più lontano sembra lo scioglimento delle camere e il voto anticipato.

Luc/Int5