Referendum, La Marca: non migliora efficenza e non dà veri risparmi

Così per eletto estero serve numero iscritti Aire 3-4 volte superiore altri parlamentari

SET 4, 2020 -

Roma, 04 set. (askanews) – Il 20 e 21 settembre si vota per il referendum confermativo della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari. Su questo tema abbiamo rivolto una serie di domande ai parlamentari eletti nella circoscrizione Estero. Francesca La Marca, eletta con il Pd nella circoscrizione estero, ripartizione America Centrale e Settentrionale ribadisce il suo no perché, dice, così non migliora l’efficienza del lavoro parlamentare e non si ottengono risparmi apprezzabili.

D. La riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari eletti aveva sollevato molte critiche. Qual è la sua posizione, a poche settimane dal voto del referendum confermativo?

R. La mia posizione sul taglio lineare del numero dei parlamentari è stata netta, chiara e soprattutto coerente fin dal momento in cui la riforma è stata avanzata dalle forze che in quel tempo componevano la maggioranza giallo-verde, soprattutto dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega. Sono stata e resto contraria perché riducendo solo il numero degli eletti senza una contestuale riforma delle Camere e dei suoi regolamenti e senza una riforma elettorale che tenti un riequilibrio si impoverisce la rappresentanza, soprattutto dei territori più piccoli e marginali, che avrebbero bisogno di maggiore attenzione, non si migliora l’efficienza del lavoro parlamentare e non si ottengono risparmi apprezzabili. Come eletta all’estero, poi, sono contrarissima perché la riduzione da 18 a 12 degli eletti nella circoscrizione Estero aggrava pesantemente lo squilibrio tra gli eletti in Italia e quelli provenienti dall’estero. Se la riforma passasse, per eleggere un parlamentare all’estero ci vorrebbe un numero di elettori iscritti all’AIRE da tre a quattro volte più alto rispetto a quello necessario per eleggere un parlamentare in Italia.

Perché? Nella nostra Costituzione dove è scritto che i cittadini possano avere tra loro un peso democratico diverso in base alla loro residenza? Come eletta, infine, in una ripartizione come quella del Nord e Centro America, grandissima dal punto di vista territoriale ma minore dal punto di vista degli iscritti AIRE, posso testimoniare per il lavoro fatto in questi anni che ridurre la rappresentanza a un deputato e a un senatore significherebbe impedire un reale collegamento con gli elettori e i territori e svilire la rappresentanza da un diritto di partecipazione a un diritto di tribuna. Senza contare che se la stessa ripartizione venisse aggregata ad altre, lontane ed estranee, si perderebbero riferimenti e identità di un’area che è stata tra le più significative della storia dell’emigrazione italiana ed è una delle più importanti nell’assetto geopolitico mondiale. Per questo, nel rispetto del rapporto di lealtà con i miei elettori e con tutti gli italiani all’estero, ho motivato la mia contrarietà nell’aula della Camera, in dichiarazioni pubbliche e, pur nel rispetto delle diverse posizioni che possano affiorare in un dibattito democratico, continuerò a farlo anche in queste settimane di voto per corrispondenza, dichiarando di votare NO e invitando anche i connazionali a fare la stessa cosa.

D. In Italia l’appuntamento con le urne è legato alla scadenza delle elezioni regionali e delle amministrative. In che misura i connazionali all’estero sono a conoscenza dei contenuti del referendum e come pensa possano essere coinvolti nelle prossime settimane?

R. Comprendo le ragioni che hanno portato il Governo a scegliere la strada dell’Election Day, legate ad esigenze di risparmio e di limitazione delle occasioni di contatto, in un momento così particolare e difficile della nostra vita individuale e collettiva. Non posso tacere, tuttavia, che questa soluzione comporta una sovrapposizione di tematiche e di scelte che finiranno con il limitare non poco la possibilità di avere un’adeguata informazione sul quesito referendario e sulle profonde implicazioni che esso ha sulla vita democratica dei cittadini, sia in Italia che all’estero.

All’estero, poi, la legge sul voto per corrispondenza richiama precisi compiti di informazione istituzionale, da assolvere tramite il servizio pubblico radiotelevisivo e la rete dei media in italiano e in altre lingue, compiti che temo abbiano ricevuto un’attenzione tardiva e residuale. E non è la prima volta. Che fare? Ormai i plichi incominciano ad arrivare agli elettori, quindi al massimo si può fare un ultimo sforzo per coinvolgere i canali di comunicazione più seguiti dalle nostre comunità. Per quanto riguarda l’iniziativa non istituzionale ma dei soggetti privati, di fronte all’incertezza e talvolta all’afonia delle forze politiche organizzate, toccherà ancora una volta a noi eletti all’estero cercare di dare informazioni alle nostre reti di contatto. E poi qualcuno dice che gli eletti non servono… Spesso, siamo i soli a farci carico di compiti che vanno anche al di là delle nostre responsabilità. Per quello che mi riguarda, sto facendo la mia parte e continuerò a farla fino all’ultimo giorno utile.

D. Se l’esito del referendum confermasse la riforma, in che modo si potrebbe intervenire sul problema della rappresentanza ridotta per le comunità degli italiani all’estero?

R. Una cosa è una rappresentanza legittima e adeguata, altra cosa sono i rimedi per cercare di surrogarla in caso di diminuzione. Per questo, invito a non sottovalutare l’esigenza di fare con convinzione e fino all’ultimo momento la battaglia per il NO con la speranza che l’elettorato possa correggere una decisione sbagliata.

Detto questo, come eletti all’estero non abbiamo aspettato l’esito del referendum per difendere gli spazi di visibilità e il peso degli italiani all’estero nelle istituzioni repubblicane. Ci siamo mossi infatti per arrivare a una proposta comune e a una calendarizzazione ravvicinata della legge che istituisce una Commissione bicamerale per gli italiani nel mondo, di cui sono stata cofirmataria di alcuni dei disegni di legge poi unificati, nel tentativo di coinvolgere di più sulle nostre tematiche l’intero arco parlamentare e incidere maggiormente sugli orientamenti di governo. Alla ripresa, la legge sulla Bicamerale dovrebbe arrivare in aula alla Camera. In ogni caso, credo che entro la fine di questa legislatura sarà necessario ragionare in termini più complessivi e generali sull’intero sistema di rappresentanza per gli italiani all’estero per rafforzare i poteri delle altre istanze, come i COMITES e il CGIE e per dare maggiore organicità all’impianto complessivo. Ricordo che ci sono due proposte di riforma di questi organismi, presentati dal CGIE, che aspettano di essere vagliate dal Governo e dal Parlamento.

Ma, ripeto, facciamo un passo alla volta, come i nostri emigrati ci hanno insegnato quando hanno dovuto conquistare mondi nuovi e diversi rispetto al passato.