Referendum, Carè: riforma manovra demagogica, danno a democrazia

"Da sempre contrario, risparmio di spesa dello 0,007 per cento..."

SET 4, 2020 -

Roma, 4 set. (askanews) – Il 20 e 21 settembre si vota per il referendum confermativo della riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari. Su questo tema abbiamo rivolto una serie di domande ai parlamentari eletti nella circoscrizione Estero. Nicola Carè, deputato di Italia viva eletto nella ripartizione D (Africa Asia Oceania Antartide), considera la riforma una “manovra demagogica” e critica anche la tesi sul risparmio che il taglio degli eletti porterebbe alle casse dello Stato.

D. La riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari eletti aveva sollevato molte critiche. Qual è la sua posizione, a poche settimane dal voto del referendum confermativo?

R. Sono da sempre contrario a questa riforma convinto che ridurre la rappresentanza parlamentare, il rapporto eletti-elettori, sia una scelta sbagliata. E’ una manovra demagogica pensata da una certa politica che, presentando un risparmio della spesa pubblica dello 0,007% come una svolta epocale, ridurrà efficienza e qualità della politica. Al costo di un caffè al giorno mortifichiamo la rappresentanza democratica soprattutto a scapito degli italiani all’estero. Giusto riformare il parlamento, ma non in questo modo: rimarranno i problemi di oggi e avremo una minore qualità della democrazia.

D. In Italia l’appuntamento con le urne è legato alla scadenza delle elezioni regionali e delle amministrative. In che misura i connazionali all’estero sono a conoscenza dei contenuti del referendum e come pensa possano essere coinvolti nelle prossime settimane?

R. Molti connazionali residenti all’estero non sono consapevoli delle conseguenze che il Sì avrebbe sulla rappresentanza parlamentare. Sono mesi che sensibilizziamo su questi temi le comunità, per cui serve ancora una vasta campagna di informazione che coinvolga a tutto tondo i mass media. Perché le conseguenze di questa riduzione riguarderanno tutti gli italiani, ma principalmente noi residenti all’estero. Attualmente é già molto difficile ottenere la giusta attenzione in Parlamento sui problemi dei connazionali che vivono all’estero.

Se divenisse definitivo il taglio, gli eletti all’estero passerebbero da 12 a 8 deputati e da 6 a 4 senatori. Cioè, un senatore dovrebbe rappresentare quasi due milioni di elettori e ogni deputato quasi un milione. Obiettivamente impossibile, per quanto lavoro e impegno ci si possa mettere.

D. Se l’esito del referendum confermasse la riforma, in che modo si potrebbe intervenire sul problema della rappresentanza ridotta per le comunità degli italiani all’estero?

R. Sarà molto complicato conquistare un giusto spazio parlamentare. E’ inutile nasconderlo, perché il cambiamento diminuirebbe sensibilmente la rappresentanza parlamentare della nostra comunità nel mondo, oltre 5 milioni di iscritti all’AIRE e, secondo recenti studi, quasi 80 milioni di oriundi. Un numero impressionante. C’è il pericolo concreto di indifferenza e totale abbandono di queste realtà, che vanno invece promosse e tutelate a più livelli. Oltre che essere un enorme potenziale per l’Italia: perché il popolo degli italiani all’estero è orgoglioso delle proprie radici, legata all’italianita’ e alla propria reputazione, impegnato nel creare il Pil nazionale e un network di supporto globale a cittadini e aziende.

Certo noi parlamentari siamo il volto politico degli italiani nel mondo, ma siamo accompagnati da migliaia di associazioni regionali, enti operanti all’estero, istituti di cultura, scuole di lingua italiana, giornali, radio, pubblicazioni che continueranno a sostenere l’Italia nel mondo e a renderci suoi fieri ambasciatori.