I promotori: firme pronte, referendum sul taglio dei parlamentari

Presentata l'iniziativa in una conferenza stampa a Montecitorio

DIC 18, 2019 -

Roma, 18 dic. (askanews) – “Possiamo annunciare ufficialmente che è stato raggiunto il numero minimo di senatori necessario per indire il referendum costituzionale. Non ci vuole il quorum come sapete, gli italiani saranno chiamati a decidere se confermare o meno la riforma della Costituzione che è stata voluta dal Parlamento”. Lo ha detto Giuseppe Benedetto della Fondazione Einaudi, nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio, tenuta insieme ai tre senatori promotori (Nazario Pagano e Andrea Cangini di FI, Tommaso Nannicini del Pd) della raccolta di firme per il referendum sulla riforma che impone il taglio di un terzo abbonante dei deputati e dei senatori. Secondo i promotori le firme sono 64, ma in un comunicato diffuso alle agenzie dal Partito radicale ce ne sono 65: due di Italia Viva, due della Lega, tre dei 5 stelle, 7 del Pd, 41 di Forza Italia, 9 del gruppo misto e un senatore a vita, il premio Nobel Carlo Rubbia.

A proposito del dibattito sulle possibili conseguenze della convocazione del referendum sulla durata della legislatura, Davide Giacalone della Fondazione Einaudi ha ironizzato: “Ho visto molti commenti – ha detto – sul legame fra la convocazione di questo referendum e la sorte della legislatura. Io posso leggere questa cosa pensando che convocando il referendum la riforma entra in vigore non più a gennaio ma dopo il referendum, in quel lasso di tempo se intervenissero le elezioni anticipate si voterebbe con la composizione vecchia. E sarebbe un forte incentivo ad andare a votare. Ma si può sostenere però l’esatto contrario: se hai deciso una riforma che cambia la composizione delle Camere, solo il cielo sa perché non dovresti andare a votare”. In ogni caso, ha aggiunto, “un Parlamento può funzionare benissimo avendo meno parlamentari in rapporto alla popolazione o averne di più, non dipende da questo. Ci sono Paesi che ce l’hanno come l’Italia o anche di più, che funzioni meglio o peggio in ragione del numero è una assoluta sciocchezza”.

Secondo Nazario Pagano “intervenire in questo modo sulla Costituzione è come tagliare una sola delle quattro gambe di un tavolo. Il nostro sistema, come dicono gli anglosassoni, è fatto di checks and balances, penso che questa riforma sia un danno grave per il Paese. Vi sarebbe una riduzione forte del potere legislativo e una serie di conseguenze negative per il popolo italiano”. Pagano ha anche enfatizzato il fatto che i promotori della consultazione popolare “non siano tutti dello stesso movimento politico. E’ una decisione che prenderanno gli italiani, ma dopo che saranno stati informati”.

“E’ evidente – a sostenuto dal canto suo Andrea Cangini – che il risparmio non è l’obiettivo del taglio, quello reale è esibire la testa mozzata di parte del ceto politico per ottenere consensi”. I promotori, ha aggiunto, puntano “alla campagna referendaria, cioè alla possibilità che si svolga nel Paese quel dibattito pubblico che non è stato possibile nella fase parlamentare. E’ un modo per argomentare possibilmente nella maniera più seria e non demagogica. Ed è strano – ha sottolineato ancora l’esponente azzurro facendo riferimento al Movimento 5 stelle – che una forza politica che ha fatto della subordinazione alle scelte degli elettori non solo abbia rifiutato di raccogliere le firme ma ha esposto sui loro blog come difensori della casta quelli che lo facevano”.

“Penso – ha osservato il dem Nannicini – che il numero dei parlamentari possa scendere in una riforma complessiva che ha un senso, questa è la coda di una riforma, non quello da cui parti”. Ricordando il patto sottoscritto nell’attuale maggioranza parlamentare per accompagnare la riforma con dei correttivi a tutela della rappresentanza popolare dei territori e del pluralismo e dell’equilibrio costituzionale in genere, Nannicini ha annunciato che “se i correttivi mi convinceranno voterò sì al referendum confermativo, altrimenti voterò no per la terza volta, come ho fatto al Senato”.