Mattarella, “No al baratto tra la libertà e le promesse di ordine”

L'omaggio del capo dello Stato e del premier all'Altare della Patria

APR 25, 2019 -

Roma, 25 apr. (askanews) – Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato all’Altare della Patria a Roma dove ha reso omaggio ai caduti per la libertà. Con lui il premier Giuseppe Conte, il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta e le più alte cariche dello Stato. Dopo aver deposto una corona di fiori accanto al sacello del Milite Ignoto, il Capo dello Stato ha ascoltato l’Inno nazionale intonato dalla banda delle Forze armate ed ha reso omaggio alla bandiera.

Trasferitosi poi a Vittorio Veneto, Mattarella ha detto: “La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva”.

“Se oggi, in tanti, ci troviamo qui e in tutte le piazza italiane è perché non possiamo, e non vogliamo, dimenticare il sacrificio di migliaia di italiani, caduti per assicurare la libertà di tutti gli altri. La libertà nostra e delle future generazioni”.

Il Capo dello Stato, nel suo intervento ha, quindi, parlato di “dovere, morale e civile, della memoria. Memoria degli eventi decisivi della nostra storia recente, che compongono l’identità della nostra Nazione da cui non si può prescindere per il futuro”, ha sottolineato.

“Il 25 aprile del 1945 nasceva, dalle rovine della guerra, una nuova e diversa Italia, che troverà i suoi compimenti il 2 giugno del 1946, con la scelta repubblicana e il primo gennaio 1948 con la Costituzione. Il 25 aprile – ha proseguito – vede la luce l’Italia che ripudia la guerra e s’impegna attivamente per la pace. L’Italia che, ricollegandosi agli alti ideali del Risorgimento, riprende il suo posto nelle nazioni democratiche e libere. L’Italia che pone i suoi fondamenti nella dignità umana, nel rispetto dei diritti politici e sociali, nell’eguaglianza tra le persone, nella collaborazione fra i popoli, nel ripudio del razzismo e delle discriminazioni”.

“Non era così nel ventennio fascista. Non libertà di opinione, di espressione, di pensiero. – ha voluto sottolineare il Presidente da Vittorio Veneto – Abolite le elezioni, banditi i giornali e i partiti di opposizione. Gli oppositori bastonati, incarcerati, costretti all’esilio o uccisi. Non era permesso avere un pensiero autonomo, si doveva soltanto credere. Credere, in modo acritico e assoluto, alle parole d’ordine del regime, alle sue menzogne, alla sua pervasiva propaganda. Bisognava poi obbedire, anche agli ordini più insensati o crudeli. Ordini che impartivano di odiare: gli ebrei, i dissidenti, i Paesi stranieri”.

Un regime, quello fascista, che si basò “sull’ossessione del nemico, sempre e dovunque, la stolta convinzione che tutto si potesse risolvere con la forza della violenza. E, soprattutto, si doveva combattere. Non per difendersi, ma per aggredire.

Combattere, e uccidere, per conquistare e per soggiogare”.

E fu così che in quei tristi anni per il nostro paese “intere generazioni di giovani italiani furono mandate a morire, male armati e male equipaggiati, in Grecia, in Albania, in Russia, in Africa per soddisfare un delirio di dominio e di potenza, nell’alleanza con uno dei regimi più feroci che la storia abbia conosciuto: quello nazista”.

“Non erano questi gli ideali per i quali erano morti i nostri giovani nel Risorgimento e nella Prima Guerra Mondiale”.

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