Minniti si ritira e Renzi tira dritto:penso a Paese,non a Ditta

Ceccanti chiede nuovo candidato riformista, Ricci dice no a scissioni

DIC 6, 2018 -

Roma, 6 dic. (askanews) – Ampiamente annunciato nei giorni scorsi, arriva l’ufficialità del ritiro di Marco Minniti dalla corsa per la segreteria Pd: di fronte al rischio che il congresso laceri ulteriormente il Pd, con lo spettro della scissione imminente mai smentita con forza da Matteo Renzi, l’ex ministro dell’Interno ufficializza il passo indietro con un’intervista a Repubblica. Ma anche dopo l’annuncio, l’ex premier ed ex segretario Dem non concede nulla alle preoccupazioni espresse da quello che doveva essere il candidato sostenuto dalla sua area: “Chiedetemi tutto ma non di fare il piccolo burattinaio al congresso del Pd”, dice Renzi in un post su Facebook. In cui all’unità del partito concede solo un passaggio: “Chi vincerà avrà il mio rispetto”. Non certo una smentita netta della volontà di dar vita ad un nuovo soggetto probabilmente già ad inizio anno. Tanto più che aggiunge: “Da mesi non mi preoccupo della Ditta Pd: mi preoccupo del Paese. Che è più importante anche del Pd”.

È nella lettura di come fronteggiare l’asse “nazional-populista” che le letture di Minniti e Renzi divergono inconciliabilmente. L’ex titolare del Viminale spiega la sua candidatura con la necessità di “unire il più possibile il nostro partito e rafforzarlo per costruire un’alternativa al governo nazionalpopulista”, perchè una scissione “sarebbe un regalo ai nazionalpopulisti: spero davvero che nessuno pensi a una scelta del genere. Si assumerebbe una responsabilità storica nei confronti della democrazia italiana”.

Molto diversa l’analisi di Renzi, che si ascrive il merito di aver “fatto sentire tutti i giorni la mia voce contro il Ministro Sciacallo, Salvini. E contro il Ministro Prestanome, Di Maio”. E assicura: “Io non mollo di un centimetro la mia battaglia contro i cialtroni che stanno mandando l’Italia in recessione. Ma non chiedetemi di stare dietro alle divisioni del Pd perché non le capisco, non le condivido, non mi appartengono”. Riducendo a posizionamenti correntizi il dibattito congressuale dei Dem: “Non farò mai il capo di una corrente. Faccio una battaglia sulle idee, non per due poltrone interne. Per me le correnti sono la rovina del Pd”.

Nello sconquasso provocato dall’intervista di Minniti, arrivano le prime reazioni, tutte interne al campo che avrebbe sostenuto il candidato rinunciatario. Per Stefano Ceccanti, “l’emergenza” ora è trovare un nuovo candidato che “prenda sul serio i profili di contenuto che abbiamo elaborato ,per evitare che ci troviamo di fronte due mezzi partiti, nessuno dei quali minimamente motivante, perché poco utili all’Italia”. Con le candidature attualmente in campo, arriva a dire il parlamentare Dem, “sarebbe obiettivamente impossibile partecipare al Congresso”.

E contro ipotesi di scissioni si schiera anche Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e finora molto vicino a Renzi, che aveva sostenuto la canddiatura di Minniti promuovendo un appello trai suoi colleghi e raccogliendo 550 firme di primi cittadini Dem: “I sindaci Pd vogliono un partito unito, aperto e riformista. No a nuovi partiti e a scissioni”. Anche perchè il problema dei renziani, ora, è capire per quanti di loro ci sarà spazio nel nuovo soggetto che l’ex premier vorrebbe lanciare.