Perché Maroni dice addio alla Lombardia

La mossa coglie di sorpresa gli alleati

GEN 8, 2018 -

Milano, 8 gen. (askanews) – “Se Maroni ha fatto una cosa del genere è perché è sicuro di ottenere in cambio qualche cosa di importante” per la sua carriera politica. Spiega così, una fonte leghista che conosce bene il presidente della Regione Lombardia, i contorni della rinuncia dell’ex ministro dell’Interno e del Welfare a ricandidarsi nel suo “nord” e i motivi del suo annuncio con cui mette “a disposizione” le proprie “capacità di governo” per non lasciare l’Italia a Di Maio, che “la ridurrebbe a uno Spelacchio”.

La mossa di Maroni – la cui candidatura a meno di 3 mesi dalle elezioni era data per scontata – ha colto di sorpresa gli alleati del centrodestra lombardo, in primis la sua squadra di assessori regionali (che ancora ieri non sapeva nulla della decisione), ma anche la base leghista. Soltanto poche settimane fa, a domanda diretta, lo stesso Maroni, eletto cinque anni fa con lo slogan “La Lombardia in testa” e segretario federale con il motto “Prima il nord”, escludeva categoricamente un suo futuro a Roma: “Non sono interessato, esperienza già fatta”, disse. Oggi, il cambio di rotta.

“Maroni gioca la sua partita personale – spiegano in Lega – e lo fa da grande stratega: si tiene le mani libere per raggiungere il suo obiettivo”. Con quali conseguenze interne? E’ presto per dirlo, lo si capirà meglio nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, di certo il Carroccio “non ci guadagna”. In via Bellerio occhi puntati ai sondaggi, quindi, nei prossimi giorni.

E – da parte di Salvini – alle reali intenzioni di Maroni. Se l’obiettivo è Palazzo Chigi, lo scontro con Salvini, che ha apposto la parola “premier” al simbolo elettorale, sarà inevitabile. D’altra parte il segretario leghista non ha perso occasione di troncare tutte le aspettative in tal senso; un futuro da premier di centrodestra “è da escludere. Maroni è e sarà una risorsa fondamentale per la Lega e non per altri”, aveva precisato Salvini a domanda diretta soltanto 5 giorni fa. E oggi Maroni ha rassicurato: il candidato premier è Salvini.

L’accelerazione verso la scelta di Maroni è coincisa con la decisione dell’election day, considerato in casa centrodestra un vantaggio elettorale che porterebbe, con ragionevole certezza, la vittoria in Lombardia anche senza il presidente uscente. Con un candidato, Attilio Fontana, da sempre molto vicino a Maroni stesso. Da qui la decisione di muoversi in maniera indipendente.

“Il centrodestra – spiega la fonte leghista – rischia di ‘vincere ma non vincere’. E di fronte a un’ipotesi di ingovernabilità alla tedesca, che per l’Italia sarebbe devastante, si aprirebbero scenari trasversali di coalizioni di governo. La Lega non sosterrebbe mai una cosa del genere. Ma se ci fosse un Maroni di mezzo…”.

Il suo nome, tra l’altro, sarebbe spendibile anche se la Lega, come suggeriscono i sondaggi, non superasse Forza Italia: Berlusconi si confermerebbe il dominus dell’alleanza e potrebbe stroncare – attraverso il dialogante Maroni, con il quale ha buoni rapporti – ogni velleità di premiership di Salvini. Maroni inoltre gode di credito istituzionale, di governo, che il leader leghista non può vantare. Un punto in più, non da poco, quando sarà il momento di trovare una figura vicina a Berlusconi ma non divisiva, capace di non subire veti per un eventuale incarico.

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