Referendum, perché Maroni e Zaia (oggi) non fanno i catalani

Autonomia Lombardia-Veneto, sono passati da selezione Corte costituzionale

OTT 21, 2017 -

Milano, 21 ott. (askanews) – Fino a qualche mese fa il fatto che i referendum consultivi sull’autonomia di Lombardia e Veneto si tenessero poche settimane dopo il controverso voto sull’indipendenza della Catalogna poteva essere visto come un utile traino a loro favore, ma con l’acuirsi della crisi istituzionale tra Madrid e Barcellona l’effetto rischia di essere contrario. Per questo tanto Roberto Maroni quanto Luca Zaia non perdono occasione per ricordare la fondamentale differenza tra le loro consultazioni e quella che sta mettendo a rischio la tenuta della monarchia iberica: Veneto e Lombardia si muovono nel pieno rispetto della Costituzione, che permette alle Regioni a statuto ordinario di ottenere un’autonomia “differenziata” rispetto alle altre, ma sempre all’interno del quadro dell’unità nazionale.

Eppure c’è stato un momento nel quale, almeno in Veneto, l’embrione del referendum di domani appariva come tutt’altra cosa. Siamo nel 2014 e la concorrenza con vicini a statuto speciale come Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, unita all’orgoglio per le antiche glorie della Repubblica di Venezia, appare sempre più difficile da reggere, specialmente in province di confine come Belluno e Treviso. Da qui nasce l’idea di Zaia di quesiti referendari con valenza fiscale che portino la Regione almeno a uno statuto speciale di fatto, se non di diritto.

“Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e sovrana?” recita addirittura il primo quesito della legge regionale 16 del 19 giugno 2014 per l’indizione del “referendum consultivo sull’indipendenza del Veneto”. Il risultato è che il governo impugna il provvedimento di fronte alla Corte costituzionale, che lo dichiara illegittimo, per difendere l’unità nazionale, così altri due quesiti che chiedono di trattenere una percentuale non inferiore all’ottanta per cento dei tributi pagati annualmente dai cittadini veneti all’amministrazione centrale. La Carta vieta infatti anche di indire referendum nazionali in materia tributaria e il limite viene fatto valere, a maggior ragione, per queste consultazioni locali.

La scure della Consulta risparmia però una domanda, la più generica e vaga, cioè “Vuoi che alla regione siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”, che troverà risposta esattamente 151 anni dopo il plebiscito per l’annessione del Veneto al Regno d’Italia. Giusto un po più articolato è il quesito proposto ai lombardi: “Volete voi che la Regione Lombardia, in considerazione della sua specialità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?”. Qualunque sia il responso avrà comunque una valenza solo politica e non giuridica.