Cecconi apre su alleanze poi ritratta: M5s cercherà voti in aula

Mdp: improbabile ma si partirebbe dagli "otto punti" di Bersani

OTT 19, 2017 -

Roma, 19 ott. (askanews) – Nessuna coalizione prima del voto, ma “alleanze” per fare il governo dopo. Ne ha parlato ieri, in un seminario a porte chiuse sulla legge elettorale organizzato dalla società di relazioni istituzionali “Open Gate”, il deputato – ed ex capogruppo – del Movimento 5 stelle Andrea Cecconi. Un po’ la linea di sempre, con parole però più esplicite rispetto al consueto. Che in giornata ha poi parzialmente precisato, spiegando che “resta il principio per cui quando saremo al governo chiederemo il voto di tutti i parlamentari di tutti i partiti per ogni nostro provvedimento, mantenendo sempre la nostra coerenza e la nostra dignità. Insomma, ho semplicemente ripetuto quello che il Movimento ha sempre detto”.

Ma quello di accordi parlamentari post-voto è uno scenario praticabile? Gli indiziati maggiori di una possibile convergenza con il Movimento 5 stelle sono la Lega nord (che contende ai seguaci di Beppe Grillo l’immagine di partito “anti-sistema”) e il Movimento Democratici e Progressisti di Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani.

Per quanto riguarda la Lega, fu Carlo Sibilia, già componente del direttorio M5s poi finito un po’ fuori dal giro che conta, a parlare in un’intervista del giugno scorso di possibili “convergenze” con il partito di Matteo Salvini. Apertura subito ridimensionata, fra gli altri, dal candidato premier Luigi Di Maio, che in più di una occasione ha ricordato gli slogan leghisti contro i meridionali e i napoletani in particolare. Del resto la competizione elettorale porta da tempo lo stesso Salvini, che pure in passato una disponibilità al confronto con Grillo l’aveva sporadicamente manifestata, a liquidare l’ipotesi spiegando che “l’alleanza naturale è quella di centrodestra”.

Resta Bersani, quindi. Quello che i 5 stelle, nell’indimenticabile incontro in streaming il 27 marzo del 2013, fulminarono con la famosa frase “sembra di stare a Ballarò”. Ma pur sempre colui che aveva teorizzato la possibilità di andarsi a cercare i voti in Parlamento senza una maggioranza precostituita per la fiducia. E che quindi sarebbe in imbarazzo a dire un “no” pregiudiziale nell’ipotesi che i 5 stelle ricevessero un incarico per formare il governo. L’ex segretario Pd, si limita, nelle sue interviste, a una generica disponibilità al confronto: “Se mi chiamassero per uno streaming io andrei. Ma con buona educazione, senza ripagarli della stessa moneta”.

Negli ambienti di Mdp, tuttavia, si fa notare oggi come si tratti di una “ipotesi remota: intanto i 5 stelle dovrebbero arrivare primi alle urne, poi il presidente Mattarella dovrebbe decidere di contraddire la decisione del suo predecessore Napolitano che a noi negò la possibilità di andare a cercare in aula i voti necessari per dare il via al governo Bersani. Infine, si dovrebbe vedere a quale convergenza si potrebbe lavorare”.

Il precedente, dal punto di vista dei bersaniani, non può che essere la proposta degli “otto punti irrinunciabili” lanciata dall’allora leader dem all’indirizzo dei 5s nel 2013 e che in realtà indicava molto più che otto proposte programmatiche. In sintesi c’erano fra le altre cose questi obiettivi: correzione delle politiche europee di austerità; misure urgenti per le imprese e il lavoro con riduzione del precariato; dimezzamento dei parlamentari; disboscamento di società pubbliche e miste pubblico-private; legge elettorale a doppio turno di collegio; legge sulla corruzione, sulla revisione della prescrizione, sul reato di autoriciclaggio, norme sul falso in bilancio e sulle frodi fiscali; conflitti di interesse; economia verde e sviluppo sostenibile, riordino del ciclo rifiuti; norme sull’acquisto della cittadinanza per chi nasce in Italia (lo ius soli); investimenti per la messa in sicurezza delle scuole e l’assorbimento dei precari. A parti invertite, alcune di queste linee guida potrebbero comparire anche nel programma di un ipotetico ministero Di Maio. E, a meno che nel frattempo non rinasca il centrosinistra sempre più evocato e sempre meno amato dai suoi protagonisti, qualche voto in Parlamento per supportarlo potrebbe venire proprio da sinistra.