Per produrre cibo nel mondo su usa doppio dell’acqua Mississippi

Fondazione Bcfn: In Italia molto lontani dal raggiungimento Sdgs

SET 28, 2017 -

Milano, 28 set. (askanews) – Per produrre cibo nel mondo, la cosiddetta impronta idrica globale, ovvero il totale di acqua che è stata utilizzata in tutte le fasi di produzione di un bene, oggi servono 7.452 miliardi di metri cubi di acqua dolce l’anno, pari a 1.243 metri cubi pro-capite, più del doppio della portata annuale del fiume Mississippi. E’ vero che siamo sempre più attenti nella nostra routine quotidiana, ma non siamo del tutto consapevoli di quanta acqua “invisibile” si nasconde in quello che mangiamo.

In Italia, secondo i dati elaborati dal Food Sustainability Index, l’impronta idrica agricola, relativa cioè al cibo che mangiamo, contribuisce per l’89% alla nostra impronta idrica totale, posizionandoci all’ultimo posto in Europa per impronta idrica pro-capite, con un valore di 2.232 metri cubi di acqua dolce l’anno consumata da ciascuno. In questa classifica, inoltre, l’Italia è sesta al mondo per “disponibilità di acqua”, eppure continuiamo a consumarne una quantità molto ingente.

Proprio per questo è importante fare attenzione alla dieta per ridurre il nostro impatto sulle risorse idriche, come ha ricordato Marta Antonelli Research Programme Manager della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN) al forum “Regole dell’acqua, Regole per la vita”. “Tra agricoltura, industrie e famiglie, è il settore agricolo a consumare più acqua – ha detto – In media il 70% del prelievo totale di acqua dolce è destinato all’irrigazione, mentre l’industria ne consuma il 22% e il restante 8% è dedicato all’uso domestico”. “Il peso dell’agricoltura – ha sottolineato Antonelli – è ancora più alto nei Paesi a medio e basso reddito, dove il consumo raggiunge anche il 95% del totale ed è caratterizzato da molte inefficienze. A livello mondiale ci sono 1,4 miliardi di chilometri cubi di acqua, ma solo lo 0,001% del totale è effettivamente disponibile per l’utilizzo dell’uomo e questo dato aiuta a comprendere quanto sia importante utilizzare in maniera corretta questa risorsa. Con i trend attuali, nel 2050 avremo bisogno del 60% di cibo in più. Più cibo significa più acqua per produrlo, anche in Paesi che stanno mettendo a rischio riserve superficiali e sotterranee di acqua dolce. Ecco perché, tutti insieme possiamo dare un contributo importante, partendo proprio da quello che mettiamo ogni giorno nel piatto”.

Insomma, intervenendo sulle nostre scelte alimentari potremmo dare un grande aiuto al nostro Pianeta. Se adottassimo una dieta vegetariana, scrive in una nota il Bcfn, il consumo di acqua virtuale varierebbe dai 1.500/2.600 litri rispetto ai 4.000/5.400 di una dieta ricca di carne. Tradotto significa che mangiando, ad esempio, una porzione di crema di ceci insieme con un piatto di fagiolini e patate cotte al vapore con scaglie di grana e un frutto, si mangiano – senza accorgersene – anche 1.446 litri di acqua; invece, sostituendo lo stesso pasto con un filetto di manzo, una porzione di insalata mista condita con olio, una fetta di pane e un frutto i litri di acqua salgono a 3.244. Il totale di acqua nascosta nel piatto si abbassa drasticamente se, invece, si adotta un menù vegano.

Va evidenziato come circa il 27% del totale l’acqua in Italia si perde tra il prelievo e l’effettiva erogazione senza particolari distinzioni lungo tutto lo Stivale e pone l’Italia nelle posizioni di vertice nella classifica di chi spreca più acqua tra i Paesi europei. Ecco perché l’Italia può fare molto di più per il raggiungimento degli SDGs (gli obiettivi di sviluppo sostenibile) indicati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.