Scintille in direzione Pd, sulle alleanze Franceschini sfida Renzi

Via libera alla relazione del segretario ma le minoranze non partecipano al voto

LUG 6, 2017 -

Roma, 6 lug. (askanews) – Chi prevedeva una ricomposizione è stato smentito. Nella direzione del Pd il “litigio” tra il segretario Matteo Renzi, il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini e quello della Giustizia Andrea Orlando è proseguito. E anche se per la prima volta la riunione è stata a porte chiuse, senza streaming, e il presidente del partito Matteo Orfini aveva invitato a non fare tweet e post su Facebook, lo scontro è subito uscito dal Nazareno.

Renzi, come previsto, aveva, nella sua relazione, optato per un intervento abbastanza soft, in attesa delle mosse dei due ministri. Il segretario ha parlato della “timida ripresa”, dello Ius soli, che è un “principio di civiltà” su cui “dobbiamo andare avanti”, dell’Ue, ribadendo la possibilità di porre il veto sull’introduzione fiscal compact nei Trattati. Certo ha spiegato anche che “il risultato delle amministrative va analizzato senza dargli una lettura nazionale” e ribadito: “io rispondo al voto alle primarie dei cittadini, sia chiaro, io rispondo a loro, non ai capicorrente”. Ma ha anche annunciato un giro in Italia nei prossimi mesi in vista delle politiche, invitando a fare “gioco di squadra” senza “litigi”.

Franceschini (che pur fa parte del “patto di sindacato” che sostiene Renzi), nei giorni scorsi aveva lanciato, in una intervista a Repubblica, le sue critiche sul vertice del Nazareno dopo le amministrative. E oggi non ha fatto marcia indietro, anzi. Il ministro ha ironizzato: “io sono tra i 350 residuati bellici che pensano che ci sia anche il tema delle alleanze. E quindi parlerò di quella parte che non c’era nella relazione. Un partito non può non occuparsi di alleanze, come si fa? Certo non è l’argomento con cui andare nel Paese, questo lo condivido. Ma per fare delle cose bisogna vincere le elezioni, per vincere le elezioni bisogna occuparsi di come”. E poi, rivolgendosi direttamente a Renzi, ha invitato a un confronto “senza mettere in discussione il segretario appena eletto con due milioni di voti alle primarie”, ma al tempo stesso “con rispetto per una comunità di persone che ti hanno votato ma che non hanno rinunciato per 4 anni al pensiero e alla parola”. Soprattutto ascoltando “chi la pensa diversamente, senza vedere dietro un pensiero, un tradimento o un complotto”.

Critico anche Andrea Orlando, leader della minoranza Dem. “Abbiamo iniziato questa legislatura promettendo la terza Repubblica cerchiamo di non fare di tutto per non riconsegnare la prima”, ha detto parlando di legge elettorale, aggiungendo che “nessuno vuole rifare l’Unione. Non sono nostalgico dell’Unione ma Pisapia non è Ferrero”. E dunque “dobbiamo aiutare Pisapia e tutte le forze che nel centrosinistra non hanno impostato la linea sull’antirenzismo”. E poi, ancora, Orlando ha stigmatizzato le critiche del segretario e dei suoi verso chi dissente. “Noi – ha detto – vogliamo continuare a discutere o ogni volta che qualcuno solleva una questione lo si deve additare come quello che vuole far perdere il Pd?”.

Le parole di Franceschini e Orlando hanno provocato una reazione più dura del segretario. Renzi nella replica ha ribadito quindi la sua convinzione di non vedere come centrale il tema delle alleanze. “Rispetto quelli che la pensano diversamente. Io però non passerò i prossimi mesi a parlare di coalizioni”, ha detto, replicando direttamente a Franceschini: “Le coalizioni – per il leader dem – sono oggi un grande regalo al centrodestra”. E al ministro della Giustizia ha detto: “Lo capisco che Orlando voglia aiutare Pisapia. Io voglio aiutare il Pd”. E comunque, se Orlando “dice che non possiamo chiedergli di rinunciare alle loro idee, non potete chiederlo neppure a noi, che abbiamo vinto”.

Alla fine la relazione di Renzi è stata approvata a maggioranza, Franceschini compreso, ma con le minoranze che fanno capo a Orlando e a Michele Emiliano che non hanno partecipato al voto. Una (piccola) vittoria per Renzi, ma che non cancella i temi sul tavolo e le tensioni interne al partito che, probabilmente, continueranno nei prossimi mesi.