Cosa sta succedendo nel Pd (e che sta facendo Romano Prodi)

Caos voto anticipato

GIU 5, 2017 -

Roma, 5 giu. (askanews) – Romano Prodi minaccia di smontare la sua “tenda” accanto al Pd, Enrico Letta ha detto che probabilmente non voterà per il partito a cui non è nemmeno più iscritto, Walter Veltroni ha detto che lo voterà ma che non ci si riconosce più, Rosy Bindi è ormai con tutti e due i piedi fuori e Gianni Cuperlo, stando ai rumors, potrebbe rompere gli indugi se l’accordo con Fi dovesse concretizzarsi. Come andrà a finire è difficile da dire ma, parlando con più di un parlamentare democratico, si capisce che è iniziata una controffensiva – dentro e fuori il partito – per frenare Matteo Renzi e la sua probabile corsa al voto in autunno. Raccontano che Prodi, nel colloquio di un paio di settimane fa a margine di un dibattito, avesse già avvertito Renzi: “Pensi davvero di prendere tanti voti se gli elettori capiscono che poi farai il governo con Berlusconi?”.

Il segretario, in realtà, pubblicamente continua a negare di volere le elezioni, ma non perde nemmeno occasione di ripetere che non c’è nessun rischio di esercizio provvisorio anche in caso di voto in autunno. E nel Pd, anche tra alcuni di coloro che sostengono il segretario, la preoccupazione è sempre più forte: fa paura la nuova legge elettorale (“Ci sono i collegi sicuri e i listini bloccati, decide tutto Renzi”, dice un esponente della maggioranza del partito), spaventa soprattutto l’accusa di “inciucio” con Berlusconi, si teme che possa far di nuovo perdere consensi al partito. “Ora – ragiona sempre il parlamentare della maggioranza renziana – abbiamo 400 parlamentari, con il Pd al 30% almeno un terzo resterà fuori e se passa l’idea che siamo già d’accordo con Berlusconi per la prossima legislatura, rischiamo di scviolare verso il 25%. Tanto più che ora c’è l’alternativa di Pisapia…”.

Fino a un paio di settimane fa il fronte anti-Renzi non era così compatto: Prodi ha sempre avuto un rapporto a fasi alterne con il segretario Pd, ma non ha apprezzato per niente la scissione di Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza. Walter Veltroni non ha condiviso parecchie delle scelte di Renzi, ma ancora alla direzione dello scorso febbraio era intervenuto – interrompendo un silenzio di anni – per dire che chi faceva la scissione sbagliava. Arturo Parisi aveva più volte difeso Renzi dall’ala sinistra del partito. Lo stesso Pisapia era già arrivato ad avere qualche tensione con Mdp, per il veto nei confronti di Renzi posto dagli ex Pd.

L’accordo sulla legge tedesca, però, sta spingendo anche questa area di confine a mettersi di traverso e in molti nel Pd prevedono che Pisapia possa diventare attrattivo per dirigenti come Cuperlo che, anche nelle ultime riunioni di area, ha manifestato tutto il suo scetticismo su Renzi: “Non cambia”.

Soprattutto, il sistema tedesco “snatura il Pd”, secondo Prodi, ma anche secondo Veltroni e Parisi. L’alleanza con Fi non diventà più un’eccezione dettata eventualmente dalla necessità, ovvero dai numeri come nel 2013, ma una scelta strategica, quel “fronte dei responsabili” teorizzato da Dario Franceschini.

Ma, spiegano sempre alcune voci critiche della maggioranza renziana, “questo ci farà perdere voti, altro che il 30% che viene raccontato nei sondaggi attuali…”. Un altro parlamentare dell’area renziana, seppure non ortodossa, aggiunge: “Metti insieme la pressione che stanno facendo importanti gruppi editoriali perché il governo duri, i dubbi di Mario Draghi, dell’ex presidente Napolitano, quelli di Confindustria, il timore di tanti parlamentari Pd di accelerare la fine della legislatura sapendo che non rientreranno in Parlamento… È tutt’altro che scontato che tutto fili liscio”.

Basta un incidente, un intoppo, magari col voto segreto. Oppure al Senato dove, secondo alcuni sia Ap che Mdp sarebbero pronti a far cadere il governo pur di bloccare l’approvazione della legge elettorale. “Il modo si trova – è il ragionamento che viene fatto dal parlamentare Pd – e una volta aperta la crisi la palla passa a Sergio Mattarella. Che, verosimilmente, porrà due condizioni: l’approvazione di una legge elettorale – che a quel punto sarebbe il Consultellum corretto anche per il Senato, e le garanzie sulla legge di bilancio. Basta poco, la finestra per votare a settembre-ottobre è strettissima…”.

Gli endorsement a Pisapia servono anche come avvertimento per Renzi: se esponenti vicini a Prodi e Letta dovessero convergere sulla nuova lista, il danno in termini di consensi per il Pd ci sarebbe, secondo molti. “Sarebbe chiaro che il Pd è il centro e il centrosinistra è la lista di Pisapia. Che chiederà a Bersani e D’Alema di stare un passo indietro. A quel punto, se il Pd scende dal 30% al 25% Renzi non può contare nemmeno sul fatto di essere il primo partito per rivendicare l’incarico a formare il governo”. Si vedrà se questo spauracchio basterà a far cambiare idea a Renzi o se riuscirà a sabotare una macchina che sembra ormai in marcia a piena velocità.

Adm/Int2