Renzi incassa sì a congresso, minoranza Pd e Orlando per rinvio

Il segretario: "si chiude ciclo". Franceschini vota con lui. Assemblea per data primarie sabato o domenica

FEB 13, 2017 -

Roma, 13 feb. (askanews) – Il dado è tratto. La direzione del Pd ha dato via libera, non senza polemiche, all’ordine del giorno della maggioranza che, approvando la relazione del segretario Matteo Renzi, impegna il presidente Matteo Orfini a convocare quanto prima l’assemblea (sabato o domenica) per dare il via alla fase congressuale.

“Credo che sia buon senso da parte di chi ha responsabilità di conduzione di una comunità accettare l’invito a fare il congresso prima delle elezioni”, ha detto Renzi, assicurando che “io non voglio scissioni e se le voglio le vorrei sulla base di una discussione. Se ci dovrà essere una scissione, e io spero di no, che sia senza alibi, non con l’alibi del calendario”.

Con questa nuova fase “si chiude un ciclo” alla guida del partito, ha detto Renzi: “Io sono segretario dal febbraio del 2013, ho preso il Pd che aveva il 25% e nell’unica elezione politica nazionale che c’è stata l’ho portato al 40,8%”. Il passato ormai. Ora è tempo del congresso, “nel pieno rispetto dello statuto, ha assicurato, con le regole dell’ultima volta”, ma con un ammonimento: “Vinca chi ha le idee migliori e chi si mette in gioco e non vince si metta a dare una mano a chi ha vinto, non scappi con il pallone, non lasci da solo chi ha vinto le primarie”.

Renzi sul palco aveva accanto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, mentre in platea sedeva, come ospite, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che hanno lasciato la direzione prima della sua replica e della votazione. Ribadendo “stima, amicizia e lealtà” al premier, il segretario ha dettato anche la sua linea sul confronto con l’Ue: “Io sono contro la procedura di infrazione, va evitata con tutti gli sforzi. I 3,4 miliardi si recuperano non aumentando le accise ma con un disegno che permetterà all’Italia di continuare la curva della crescita”.

La road map di Renzi prevede un congresso lampo, “votando entro metà aprile”, confida un fedelissimo. E trova la fondamentale (per i numeri) approvazione di Dario Franceschini, che non è intervenuto ma che su Twitter ha scritto che “quando in un partito ci sono linee diverse, la strada giusta è un congresso. E un confronto vero può essere anzi il modo per evitare scissioni”.

Via libera anche da Matteo Orfini, che approva la scelta di aprire subito la consultazione. “Il problema – ha detto – è che il congresso dura poco? Il problema è che non finisce mai… Ci sono candidati in campo da un anno…”.

L’altro leader dei giovani turchi, Andrea Orlando, invece frena e non partecipa al voto finale: per il ministro della Giustizia, il Pd deve evitare un congresso che sia la “sagra dell’antipolitica” e sarebbe meglio aprire una “conferenza programmatica”, ovviamente fermando la “delegittimazione quotidiana” del segretario. Una richiesta che per Renzi, però, arriva fuori tempo massimo.

Durissima invece la minoranza, il cui ordine del giorno che chiedeva il sostegno al governo fino a scadenza naturale e la convocazione del congresso, anche se non immediatamente, non è stato messo ai voti. Pierluigi Bersani dal palco dice no a un congresso “cotto e mangiato” o a una mera “conta”, prima bisogna organizzare “una riflessione, un confronto” perchè l’anticipo del congresso rispetto a giugno aprirebbe “un problema molto serio”.

Un problema, è la traduzione, che potrebbe portare alla scissione. Anche se, sottolinea Roberto Speranza, “a me non fa paura la scissione del futuro, a me fa paura la scissione che c’è già stata e se serve un congresso è non per evitare una nuova scissione ma per ricucire con un popolo”.

“Molto d’accordo” con Bersani si è detto Enrico Rossi, governatore della Toscana e candidato alla segreteria. Il congresso non deve essere “soltanto una conta” perchè se invece sarà così un “pezzo di popolo rischiamo di perderlo e di regalarlo. Il congresso può essere un’occasione e bisogno trovarci d’accordo su tempi che diano il senso di un congresso aperto, di un Pd che vuole ripartire”.

La linea della sinistra bersaniana si ‘salda’, in direzione, con quella del governatore della Puglia Michele Emiliano, che confermando la sua candidatura a segretario ammonisce a non affrettare i tempi: “Andare al congresso senza conoscere quante federazioni sono commissariate e quanti circoli non sono in grado di rilasciare le tessere non vedo come si possa fare, è difficilissimo ed è una di quelle cose che fa aumentare il rischio di scissione”.

Adesso la partita si giocherà in assemblea, dove Renzi si dimetterà per anticipare i tempi, certo di avere ampiamente i numeri per ottenere il via libera al congresso. A quel punto sarà da vedere chi sarà in campo per sfidarlo (tra gli oppositori in molti guardano con speranza a Orlando) e se la sinistra Dem deciderà lo strappo decisivo.