Mattarella ‘congela’ Renzi fino a ok manovra

Premier in carica ancora questa settimana, poi via consultazioni

DIC 6, 2016 -

Roma, 6 dic. (askanews) – Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, dopo la sconfitta al referendum costituzionale e le conseguenti annunciate dimissioni, è ancora in piena carica a Palazzo Chigi. Ma non è un capriccio del premier, una reazione forse stizzita all’annullamento della sua riforma, ma il frutto di un evidente invito al senso di resposabilità espresso dal capo dello Stato Sergio Mattarella (con altrettanto evidente ascolto mostrato da Renzi) perché lo sviluppo di questa crisi non pregiudichi l’approvazione della Legge di bilancio, scongiurando così l’esercizio provvisiorio.

Mattarella, che si è definito non più di un arbitro delle contese politiche, aveva rilevato come la persuasione sia tanto più efficacie quando non ostentata pubblicamente. Ed è quello che è accaduto in queste ore, quando per Renzi la sconfitta alle urne si è mostrata in tutta la sua crudezza. Una telefonata, un incontro informale, e l’incontro previsto da protocollo dopo la formalizzazione delle dimissioni in Consiglio dei ministri: sono i passaggi che hanno scandito il rapporto tra Mattarella e Renzi fino al ‘congelamento’ delle dimissioni del premier.

Mattarella, dopo il colloquio informale, aveva diffuso una dichiarazione nella quale – dopo aver sottolineato la “solida” democrazia italiana e aver sollecitato “un clima politico improntato a serenità e rispetto” – aveva ricordato quegli “impegni e scadenze di cui le istituzioni dovranno assicurare in ogni caso il rispetto”. Tradotto: approvare la legge di bilancio prima di ogni altra cosa.

Poi, nel corso del colloquio avuto con il premier dopo lo svolgimento del Consiglio dei Ministri, le allusioni sono diventate realtà. “Considerata la necessità di completare l’iter parlamentare di approvazione della legge di bilancio, onde scongiurare i rischi di esercizio provvisorio”, si legge nella nota diffusa dopo l’incontro, il capo dello Stato “ha chiesto al Presidente del Consiglio di soprassedere alle dimissioni per presentarle al compimento di tale adempimento”. La risposta del premier non poteva essere altra che questa: “Il Presidente del Consiglio – si legge sempre nella nota – a seguito dell’esito del referendum costituzionale tenutosi nella giornata di ieri, ha comunicato di non ritenere possibile la prosecuzione del mandato del Governo e ha pertanto manifestato l’intento di rassegnare le dimissioni”. Ha manifestato l'”intento”, ecco, non ha messo nulla nero su bianco e quindi rimane in carica a tutti gli effetti, fino ad approvazione della manovra. Come per altro accadde a Mario Monti premier nel 2012, quando a inizio dicembre presentò dimissioni irrevocabili, che vennero però dall’allora presidente Napolitano ‘congelate’ fino all’approvazione della manovra, il 21 dicembre.

L’approvazione della Legge di bilancio è prevista per la fine della settimana da parte del Senato ed è facile pensare che le dimissioni di Renzi (questa volta esecutive) possano esserci un minuto dopo il varo della manovra. Le consultazioni del capo dello Stato potrebbero partire questo stesso fine settimana o al massimo agli inizi della prossima. Mattarella, come più volte è stato ripetuto in questi giorni e a maggior ragione viene sostenuto dopo il risultato referendario, attende però le determinazioni del Pd, partito di maggioranza relativa in Parlamento e principale azionista del governo uscente. Quello che al Colle si aspettano è capire cosa voglia fare il Pd, chi possa essere il futuro candidato alla guida di palazzo Chigi. E soprattutto con quale programma si presenterà, considerando le importanti scadenze internazionali (ma anche le questioni di carattere interno, soprattutto economico-sociali) che attendono il nostro Paese, dal sessantesimo dell’Unione europea al G7 di taormina alla presidenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Con sullo sfondo una nuova legge elettorale. Probabilmente indicazioni su tutto questo si avranno a partire da mercoledì prossimo, giorno in cui si riunirà la direzione del Pd.

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