Renzi in piazza mostra un Pd ‘rosso’ e attacca “quelli di prima”

Obiettivo: la 'base' di sinistra tentata dal no

OTT 29, 2016 -

Roma, 29 ott. (askanews) – Hanno suonato Bella ciao; ha parlato dal palco una militante delle Feste dell’Unità che cucina tortellini negli stand da decenni; qualcuno ha persino sventolato una bandiera del Pci, quella rossa col simbolo disegnato da Guttuso, insieme a quella verde-bianco-rossa del Pd: la piazza del Popolo di oggi aveva un sapore di sinistra come forse mai è accaduto da quando è nato il partito che ha messo insieme gli eredi di Enrico Berlinguer e quelli di Aldo Moro. E non è certo un caso. Matteo Renzi ha voluto parlare a quel pezzo della ‘base’ che si riconosce sempre meno in questo Pd e che guarda a Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema, gli ultimi leader della ‘Ditta’ schierati per il no al referendum.

I sondaggi più recenti, anche quelli che girano a largo del Nazareno, stimano il ‘fuoco amico’ in circa il 20% dell’elettorato Pd: elettori, militanti e simpatizzanti che potrebbero votare no a dicembre. Una minoranza della ‘base’, certo, ma potenzialmente decisiva in una sfida che potrebbe risolversi sul filo di lana. Per questo Renzi, con il suo staff di comunicazione, ha voluto lanciare un’offensiva comunicativa proprio verso quella fetta di elettori, cercando di ribaltare il racconto dei suoi avversari, sopratutto interni al Pd.

Ufficialmente, si sarebbe dovuto parlare di Europa, e non sono mancate le bordate di Renzi all’Ue del “fiscal compact” e al premier ungherese Orban. Ma inevitabilmente l’attenzione di tutti era sul referendum e sullo scontro in atto nel Pd e non a caso quando è arrivato Gianni Cuperlo, unico esponente della minoranza in piazza, Lorenzo Guerini è andato platealmente ad abbracciarlo. Maria Elena Boschi, poi, ha voluto addirittura un ‘selfie’ con l’ex presidente del partito. Intorno, i militanti che applaudivano: “Bravo Gianni, così si fa! Uniti! Dobbiamo essere uniti”.

‘Gianni, in realtà, è apparso un po in imbarazzo, consapevole che un pezzo della sinistra Pd resterà comunque schierato per il no al referendum e qualcuno, magari, non voterà più per questo partito. “Sono qui per affetto verso questa gente, ma penso anche a quella parte della sinistra che in piazza non c’è”, ha precisato. Quindi, ha aggiunto un avvertimento: per un’intesa “serve un atto politico di Renzi, se non dovesse esserci, con dispiacere sarò costretto dal segretario del mio partito a non votare a favore delle riforme”.

Renzi, spiegano, non ha gradito alcune indiscrezioni uscite sulla trattativa in corso sull’Italicum: c’è sicuramente la volontà di andare incontro a Cuperlo, e a quel pezzo di sinistra che lega il sì al referendum a una correzione della legge elettorale. Ma questo non significa “rottamare” l’Italicum, come ha chiesto Bersani qualche giorno fa. Si può ragionare su correzioni, anche sul premio di maggioranza. Si può persino riesaminare il meccanismo del ballottaggio, ma sempre nell’ottica di un aggiustamento e non di una totale abiura rispetto alla legge approvata.

Dal palco, il premier lo dice chiaramente: “Voglio dire con forza e chiarezza: la legge elettorale è stata per settimane un tema di discussione. Io penso sia tema ingiusto, perché penso che questa legge va bene. Ma compito di chi fa politica è ascoltare tutti. Noi non è che abbiamo aperto, abbiamo spalancato a un accordo. Siamo pronti a cambiarla, non si utilizzi la legge elettorale come alibi. Il punto non è questo, non è più questo”.

Il punto, è il messaggio di Renzi, è che questo Pd fa cose di sinistra: si batte a favore dei migranti contro la linea-Orban (“Il relitto della nave affondata nel 2015 mettiamolo davanti alla nuova sede Ue”), ha approvato le leggi sul ‘dopo di noi’ e contro il caporalato, ha eletto Sergio Mattarella al Quirinale perché “nel patto del Nazareno non c’è il presidente della Repubblica”. Sarebbe bello, aggiunge, che anche nel Pd funzionasse come tra i democratici Usa, dove il ‘liberal’ Bernie Sanders “non è che si mette a fare il tifo per Donald Trump pur di sconfiggere la propriacompagna che non sopporta… Bernie Sanders, se ti avanza del tempo fai un salto da noi”.

E’ qui il cuore del discorso: basta con “divisioni e litigi interni”, si smetta di “guardare al nostro ombelico”. Al litigio, però, non si sottrae: “Voglio dire a quelli di prima: il fatto che voi abbiate fallito, non vi autorizza a far fallire anche noi. Lasciateci il diritto di provare. Non si passino i prossimi 20 anni, noi del Pd, a domandarci chi ha ucciso l’esperienza riformista italiana semplicemente perché voleva riprendersi il posto che gli era stato tolto”. Altro che Partito della nazione, quello è il fronte del no “che va da Brunetta a Travaglio, che sull’Europa mette insieme Monti e Salvini, che tiene insieme Gasparri e De Mita, che da Berlusconi a Grillo a D’Alema”. Come a dire: il Pd è la sinistra, chi ci attacca lo fa solo per ragioni personali e si allea con Grillo e Salvini. Se il messaggio è arrivato, lo si vedrà il 4 dicembre.