Renzi lancia la campagna referendaria e bastona la minoranza

"Un mio errore personalizzare referendum, 500 milioni ai poveri"

AGO 10, 2016 -

Villalunga di C., 10 ago. (askanews) – La Festa dell’Unità di agosto avrà lo stesso titolo dello scorso anno: L’Italia che dice sì. E’ “l’Italia che dice sì al futuro e l’Italia che dice no alle solite polemiche interne, con tutto il rispetto per quelli che dalla mattina alla sera pensano alle correnti… io voglio pensare agli italiani. E siccome ci sono gli italiani di mezzo, io dico viva il Pd, viva l’Italia e l’Italia che dice sì”. Sono passate le 23 quando il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, fa la sintesi della sua prima giornata di campagna elettorale verso il referendum. Proprio come tre anni fa, a Bosco Albergati, nel modenese, aveva deciso di cominciare la scalata al partito, ieri il segretario ha scaldato i motori, dopo il via libera della Cassazione che ha validato le oltre cinquecentomila firme depositate dal comitato del sì.

Lo ha fatto nella terra “rossa” per eccellenza (ma non immune dai mal di pancia interni al partito), marcando prima di tutto il territorio: “Chi vuole cambiare linea e segretario, c’ha il congresso che si svolge una volta ogni quattro anni, non una volta al giorno in tutti i giornali e in tutti i talk show”. Accanto a lui il ministro Graziano Delrio, il presidente della Regione Stefano Bonaccini e il segretario regionale Paolo Calvano. Ma per dare un tono ancora più enfatico al suo messaggio, ha citato più volte in serata il suo predecessore Romano Prodi, anche lui raggiunto dalle bordate della minoranza interna all’Ulivo e alla coalizione: “Se qualcuno pensa di essere contagiato da una particolare sindrome – la sindrome Bertinotti, per la quale uno chiede sempre di più per poi non avere nulla – noi dalla sindrome Bertinotti siamo immuni”. Poi in serata, all’altra festa regionale del partito, a Villalunga di Casalgrande, ha ripetuto il concetto. “Se D’Alema avesse messo un decimo dell’impegno che messo per combattere i suoi compagni di partito come Romano Prodi o il sottoscritto per contrastare Berlusconi vent’anni fa, non avremmo avuto Forza Italia al governo per così tanto tempo. E’ uno specialista in competizioni interne”.

Rispondendo alle domande del direttore del Tg de La7, Enrico Mentana, Renzi si è preso il tempo anche per i chiarimenti. Primo tra tutti con chi l’ha preceduto a Palazzo Chigi: “Quel ‘Letta stai sereno’ è diventata una cosa clamorosa, perché io ci credevo… ma io ero convinto di questo”, di dover fare un governo di legislatura, “ma loro non hanno avuto voglia di fare un governo di legislatura”.

Poi sui recenti cambi in casa Rai: “Non ho messo bocca sulle nomine”, ma “nel momento in cui si fanno le scelte se si cambia qualcuno, viene naturale dire ‘l’ha cacciato Renzi’, persino su Mercalli che fa le previsioni: ma che gli ho fatto io? Io mi aspetto da un momento all’altro un titolo ‘Renzi caccia Mancini dall’Inter'”.

In tema di salvataggio delle quattro banche a rischio fallimento, il presidente del Consiglio ha assicurato di avere “la coscienza pulita, anzi pulitissima”; e in particolare sulla vicenda Banca Etruria che gli ha procurato critiche dall’opposizione: “Noi abbiamo salvato i correntisti, il cittadino che ha il conto in banca, ma il cda è andato a casa perché il governo ha firmato un decreto. Quelli che dicono che l’abbiamo fatto per salvare il babbo della Boschi o lo zio di altri deve sapere che noi abbiamo fatto le cose non in regola, ma di più”.

Ma il discorso è subito virato sull’appuntamento più atteso del prossimo autunno, partendo con un mea culpa: ho “sbagliato” a personalizzare, “non è il mio referendum”. Ma “se passa questo referendum elimina costi per più di 500 milioni l’anno”. E quei risparmi andranno “nel fondo povertà” nel quale “quest’anno abbiamo messo 700 milioni”. Poi è tornato a puntare il dito contro la minoranza dem: “Avete tutti i diritti di stare in questo partito, come me e più di me; è casa vostra e se volete camminare con noi è una bella cosa. Noi saremo sempre insieme a voi, ma se pensate che per dar retta a voi noi ci fermiamo, noi non ci fermeremo mai”. Infatti il compito di chi sta in Parlamento, ha ricordato il premier, è quello di “cambiare l’Italia non di pensare tutti i giorni come si cambia il segretario del partito democratico”. Perciò “quella riforma costituzionale l’hanno votata loro, l’hanno cambiata loro, l’hanno modificata sei volte, ora non la vogliono votare? Si guardino allo specchio e si diano una risposta. Gli italiani a mio giudizio sanno che cosa devono fare tra chi vuole cambiare e chi vuole lasciare come stanno”.

Stoccate finali all’Europa che “ha bisogno di una bella scossa e di investimenti su cultura e altro” e per realizzare questo c’è bisogno di “un’Italia più forte”. E al leader della Lega Nord, Matteo Salvini, manda a dire: “L’interesse nazionale non è una parolaccia in Europa e se qualche parlamentare europeo, che paghiamo per portare a casa risultati in Europa, anziché stare dalla mattina alla sera a fare le trasmissioni tv facesse un po’ più di lavoro al Parlamento europeo forse avremmo risultati maggiori”. Il premier ha infine annunciato una delle priorità del suo esecutivo: “è un tema sul quale bisogna lavorare perché negli anni scorsi si è intervenuti con l’accetta. Ci sono le pensioni minime troppo basse. Dovremo trovare delle risorse in più per le pensioni, e non, come dice qualche scienziato, togliere i soldi dalle pensioni. Dobbiamo portare aiuto a chi non ce la fa”.

Applausi dalla base del Pd che, nel primo giorno di campagna elettorale a favore del sì al referendum, è già un buon auspicio.