Alfano ricompatta (per ora) Ap, verifica dopo il referendum

Partito unito al Senato, leader chiede tregua fino a voto

LUG 13, 2016 -

Roma, 13 lug. (askanews) – Rientra (almeno per ora) la frondaall’interno di Area popolare.

Dopo le fibrillazioni dei giorni scorsi, quando nella maggioranza era scattato l’allarme per eventuali ‘agguati’ sul ddl sull’equilibrio dei bilanci degli enti locali, oggi lamaggioranza e Ap al Senato hanno votato compatti sulprovvedimento, passato con 184 sì (167 della sola maggioranza”pura”, 6 voti sopra la soglia dei 161). Un via liberasottolineato dal presidente dei senatori Renato Schifani: “Da Apci sono stati 29 voti a favore su 31, con due assenti ampiamentegiustificati. Se questi sono i numeri di un agguato…”.

Se il gruppo si è allineato alla linea della maggioranza, restano però, all’interno dello schieramento, le critiche di alcuni “dissidenti” alla linea politica di Angelino Alfano, che stasera ha incontrato i senatori, provando a compattare il partito. “Senza di noi il governo non ha la maggioranza, con noi può prescindere da tutti gli altri”, ha detto arrivando all’assemblea e sottolineando che “tutti i bluffatori sono stati smentiti dal gioco pubblico di oggi”. Dunque avanti con il sostegno all’esecutivo fino al referendum, poi si farà il punto. “Abbiamo fatto delle riforme, altre ne faremo, credo che siamo stati dalla parte giusta. Poi abbiamo detto che dopo il referendum faremo un tagliando”, ha assicurato. E se c’è chi chiede di tornare nel centrodestra, il leader risponde che “innanzitutto bisogna capire da chi è formato il centrodestra: anche alcuni che stanno nel centrodestra rifiutano questo nome, c’è una crisi di identità enorme da quella parte”.

Alfano chiede (e otterrà) quindi una “tregua” fino al referendum. Ma se i frondisti accetteranno di aspettare l’autunno per la resa dei conti, le critiche sulla linea non verranno nascoste. “Il problema politico resta – rileva Roberto Formigoni, uno dei ‘dissidenti’ -. Noi diciamo che il referendum condotto così è lontano dalla nostra impostazione; che il quarto polo non esiste e che l’Italicum non va bene per il premio di maggioranza ma anche per i deputati designati. Lo dicono De Benedetti e Franceschini, non lo dobbiamo dire noi? E poi c’è la questione del dopo: Renzi dice che non ci vuole”. Nel centrodestra, invece, l’orizzonte è “il modello Milano, che è vivo e lotta insieme a noi”, conclude Formigoni.

“Per ora non cambia nulla – riflette un senatore critico con lalinea del partito – anche perchè dobbiamo aspettare l’esito delreferendum. Se vince il sì Renzi fa quel che vuole, se vince ilno vediamo cosa decide di fare Berlusconi”. Tregua, dunque, anche perchè ora nessuno vuol fare la mossa che potrebbe rivelarsi sbagliata.