Renzi dice stop polemiche ma sferza Regioni: pensino a depuratori

Dopo nodo trivelle, ora Comunali e referendum riforma Costituzione

APR 18, 2016 -

Roma, 18 apr. (askanews) – Il giorno dopo il referendum sulle trivelle, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, archivia la consultazione e rilancia sulla politica estera e sui prossimi appuntamenti: le amministrative (il cui esito non avrà comunque, assicura, contraccolpi sul governo) e il referendum di ottobre sulla riforma della Costituzione su cui, invece, in caso di sconfitta, ribadisce, “vado a casa”.

Intervistato al Tg1, Renzi ha messo in primo piano la questione dell’immigrazione, dopo il “no” di Berlino agli Eurobond proposti dall’Italia per finanziare la politica europea sui rifugiati. “Noi abbiamo proposto gli Eurobond, bene la risposta di Juncker, se la Merkel e i tedeschi hanno soluzioni diverse ce lo dicano, noi non siamo affezionati a uno strumento piuttosto che a un altro”. Però, ha ribadito, “l’unico modo per aiutare i nostri fratelli e le nostre sorelle a non rischiare la vita nei viaggi della morte è aiutarli a casa loro, facendo crescere le possibilità di lavoro in quei Paesi. Io credo che l’Europa debba farsi carico di questo problema”.

Alla vigilia del voto, al Senato, sulla mozione di sfiducia (che il premier liquida con una battuta: “Noi siamo affezionati alle mozioni di sfiducia, ormai ce ne fanno una ogni quindici giorni”), l’attenzione, però, oggi è ancora soprattutto sulla politica italiana, dopo l’aspra campagna referendaria e il risultato di ieri. Renzi vuol chiudere l’argomento: “La consultazione è finita, stop, basta, il popolo italiano ha parlato, è finita 70 a 30”, dice il premier chiedendo di mettere “la parola fine alle polemiche” ma non rinunciando a una “frecciata” alle Regioni: “Adesso impegniamoci perché il nostro mare sia pulito, magari occupandoci un po’ di più dei depuratori, cosa che dovrebbero fare le Regioni, anziché fare i referendum”.

Il premier vuol guardare avanti, dunque, anche perché di fronte ci sono due appuntamenti che si preannunciano più complessi per l’esecutivo e la maggioranza: le amministrative a giugno e il referendum sulla riforma della Costituzione a ottobre. Sulle prime, assicura, il governo non rischia, qualunque sia il risultato. “Dal punto di vista della tenuta del governo si vota per il primo cittadino, non per il primo ministro. Io penso che chi va a votare voti per scegliere il sindaco non per dare un giudizio”. Certo, ammette, con un accenno alla candidata M5s a Roma Virginia Raggi, “ci sono effetti anche per le dinamiche di politica nazionale. Se a Roma vince un candidato contro le Olimpiadi ci sono conseguenze per il governo nazionale, nel senso che non possiamo più fare le Olimpiadi, e io credo che sia fondamentale che le Olimpiadi si facciano”.

Ma il punto su cui il premier rischia tutto è il referendum di ottobre. “Io credo che se noi saremo bravi a spiegare le nostre ragioni otterremo un consenso, ma il voto sulla persona non c’entra. Certo io, a differenza degli altri, se perdo lo dico e vado a casa”, ribadisce.

Per questo il Pd sarà chiamato, da subito, a uno sforzo notevole per organizzare la campagna referendaria. Da tutto il territorio, infatti, sono già arrivate decine di richieste per l’apertura di comitati per il sì. Al momento la questione non era stata presa in mano in attesa che passasse il voto sulle trivelle, ma fin dai prossimi giorni la macchina del partito e dell’esecutivo (con in prima linea il ministro Maria Elena Boschi) si metterà in moto dando vita al comitato nazionale e organizzando la rete sul territorio. E’ la battaglia decisiva, e Renzi non vuole e non può perderla.