Governo conferma prudenza su intervento in Libia

Continua il lavoro per salvare gli ostaggi ancora vivi

MAR 3, 2016 -

Roma, 3 mar. (askanews) – Adesso la priorità è salvare gli ostaggi ancora vivi, ma il dossier Libia diventa sempre più delicato da gestire e il governo non intende cambiare linea rispetto ad un eventuale intervento nel Paese nordafricano, almeno secondo quanto si apprende da fonti parlamentari. E’ il presidente del Copasir Giacomo Stucchi a dare le poche notizie ufficiali, dopo l’audizione del sottosegretario a Palazzo Chigi Marco Minniti: “La priorità sono loro (gli ostaggi ancora vivi, ndr) e per questo serve osservare un rigoroso silenzio su situazioni delicate”. Mentre le opposizioni attaccano il governo, Palazzo Chigi sceglie il silenzio e fissa alla prossima settimana le comunicazioni del ministro Paolo Gentiloni al Parlamento. Prima, appunto, c’è da provare a risolvere la vicenda degli altri ostaggi.

Una vicenda che, però, non sembra al momento cambiare la linea sull’eventuale intervento: ok alle operazioni mirate di intelligence sotto la regia diretta di Palazzo Chigi, autorizzate già con l’ultimo decreto-missioni, prudenza sull’invio di un vero e proprio contingente, in linea con i paletti dell’Onu. Solo un governo di unità nazionale libico, per il governo italiano, potrebbe chiedere l’intervento di una forza multinazionale.

“Senza una cornice politica e diplomatica definita l’intervento militare rischia di essere contorproducente”, avverte un parlamentare Pd. La stessa posizione, viene ricordato, condivisa dal capo dello Stato Sergio Mattarella con il presidente Usa, Barack Obama, tre settimane fa.

Chiare, al riguardo, le parole del direttore del Dis Giampiero Massolo: “In questo momento è in atto uno sforzo negoziale della comunità internazionale: noi auspichiamo che porti alla formazione di un governo, quella è la fonte della legittimità delle nostre azioni”. D’altro canto, l’Italia non può stare a guardare: “E’ scopo dichiarato di alcune di queste organizzazioni jihadiste di crearsi delle piattaforme, delle basi territoriali. Il fatto che questo possa accadere in zone così vicine alle nostre coste non ci lascia tranquilli”.