Sinistra Pd sfida Renzi: congresso subito per coprire referendum

I renziani: "Le assise si faranno nel 2017"

FEB 26, 2016 -

Roma, 26 feb. (askanews) – E’ un tentativo di contropiede, quello della minoranza Pd sul congresso anticipato. Da settimane Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza e gli altri della sinistra del partito ragionavano sulle mosse di Matteo Renzi e l’analisi era preoccupata.

“Il vero congresso – spiega un parlamentare vicino all’ex segretario Pd – Renzi lo vuole fare con il referendum: vinto quello, il segretario-premier vorrà anticipare le assise ainizio 2017, così magari poi va anche a elezioni anticipate. Enon ce ne sarà per nessuno…”. Un percorso che, racconta ilparlamentare, avrebbe di fatto bruciato la strategia immaginatadalla sinistra Pd per il congresso, ovvero la campagna contro ilPartito della nazione e l’apertura del Pd a Denis Verdini. Così,spiegano, quando nei giorni scorsi Renzi ha cambiato gioco sulleunioni civili, è maturata la scelta di accelerare, cogliendo albalzo la novità politica del voto verdiniano a favore dellafiducia.

Il tema del referendum, del resto, è complicato per la minoranzaPd. Sinistra italiana e i fuoriusciti dal partito insistonoperché i bersaniani e i cuperliani si impegnino per il no allariforma voluta da Renzi, ma votata alla fine da tutto il Pd. Unacapriola che sarebbe difficile da giustificare, anche usandol’argomento della ‘politicizzazione’ del referendum da parte diRenzi. Un’operazione difficile da spiegare persino a quella base’storica’ del Pd magari un po’ spiazzata dalle mosse del giovaneleader. Altra cosa è il tema Verdini, da tutti i punti di vistaperfetto per incarnare l’anticristo agli occhi di chi è nato ecresciuto a sinistra.Per questo, dopo una serie di ragionamenti tra Bersani, Speranza e Cuperlo, si è deciso di rilanciare. “E’ chiaro che il voto di fiducia – ha detto Speranza – costituisce il perimetro della maggioranza. Penso sia un fatto molto grave, una scelta profondamente sbagliata che non condivido e che tocca l’identità profonda del Partito democratico”. E un altro bersaniano aggiunge: “Altro che referendum, del resto mica ci possiamo mettere a fare i comitati per il no… Il tema è quello che sta diventando il Pd, di questo dobbiamo parlare nei prossimi mesi”.

Appunto, si cerca di cambiare l’agenda, mettendo in secondo piano le riforme di Renzi per accendere invece i riflettori sulla “mutazione genetica del Pd”. E, spiega il bersaniano, “ilcongresso deve essere subito dopo il referendum”. Il legame con l’ex sodale di Silvio Berlusconi, in realtà, non piace a tanti nel Pd, non solo dalle parti della minoranza. Qualche settimana fa era stato Walter Veltroni a interrompere un lungo silenzio per criticare il Partito della nazione e oggi ha attaccato addirittura un renziano, sia pure battitore libero, come Matteo Richetti. Ma la richiesta di anticipare il congresso difficilmente troverà grande ascolto fuori dai confini dellaminoranza.Questo significa che difficilmente Renzi accetterà di anticipare così tanto le assise, che da statuto dovrebbero tenersi nell’autunno 2017. “Non esiste – dice David Ermini – il congresso si fa nel 2017…”. Il vice-segretario Lorenzo Guerini aggiunge: “Ci vedremo al congresso, evitiamo strumentalizzazioni”. E Maria Elena Boschi si limita a dire che “il congresso si farà nel 2017”, quindi almeno 3-4 mesi dopo il referendum. Toni simili da Matteo Orfini: “Invito tutti i partecipanti all’appassionante dibattito sul congresso a indirizzare le energie sulle amministrative. Del resto parliamone dopo”. Il premier, insomma, pare intenzionato a mantenere il percorso che aveva immaginato, ovvero quello di spostare magari le assise a inizio del prossimo anno, anziché alla fine. Un percorso che aveva già indicato lo scorso gennaio: “Come segretario scado l’8 dicembre del 2017. Poi, dopo i risultati delle amministrative e del referendum discuteremo se vogliamo anticipare o no il congresso”. Appunto, a inizio 2017, sulla scia del referendum.