Nuovo Senato: il presidente retrocederà a terza carica dello Stato

Il ruolo di vicario del Presidente della Repubblica sarà svolto dal presidente della Camera

OTT 24, 2015 -

Roma, 24 ott. (askanews) – C’è una “retrocessione” nella riforma costituzionale. Il presidente del Senato verrà infatti “declassato” da seconda a terza carica dello Stato. E’ quanto è previsto dall’art.23 del ddl Boschi, in base al quale, una volta varata la riforma, il ruolo di vicario del Presidente della Repubblica sarà svolto dal presidente della Camera e non più da quello di Palazzo Madama. Una fra le tante novità sulla ridefinizione di incarichi e organizzazioni nella futura Camera alta.IL PRESIDENTE – In base alla nuova Costituzione, ad aspirare alla terza carica dello Stato possono essere tutti i senatori-consiglieri, anche se lo stesso testo (art.5) rimanda esplicitamente al prossimo e nuovo Regolamento del Senato la possibilità di “stabilire in quali casi l’elezione o la nomina alle cariche negli organi del Senato della Repubblica possono essere limitate in ragione dell’esercizio di funzioni di governo regionali o locali”. Come a dire che solo i senatori che non abbiano funzioni di governo nei consigli o nei comuni potrebbero ad esempio aspirare alla carica di presidente.I CONSIGLIERI SENATORI – Unica certezza: saranno 100 (74 consiglieri regionali, 21 sindaci, 5 senatori nominati dal Presidente della Repubblica, in carica per 7 anni, non rinnovabili: la versione riveduta e corretta dei senatori a vita). Per il momento c’è poco altro. Con la nuova legislatura ogni regione, con una norma in via transitoria, eleggerà, scegliendo tra i propri consiglieri il numero di rappresentati previsti per ciascuna regione. Se la legislatura scadrà nel suo termine naturale della primavera del 2018 è ipotizzabile l’accorpamento delle elezioni nazionali con i rinnovi dei consigli regionali delle 5 regioni interessate: Lazio, Lombardia, Molise, Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia.Successivamente, a mano a mano che il consiglio regionale verrà rinnovato in ciascuna regione, si procederà alla selezione dei senatori come previsto dalla riforma e dalla nuova legge elettorale per il Senato, ancora da scrivere. Legge che consentirà la scelta degli elettori sulla base – questo l’orientamento – di un listino indicato. Complessivamente, per arrivare a regime, bisogna calcolare un arco di tempo che si potrà protrarre fino al 2022.Poiché le elezioni regionali si tengono in anni diversi, il nuovo Senato non avrà una durata stabilita, misurabile in legislature, ma si rinnoverà continuamente, in sintonia con le elezioni regionali.Resta aperta una questione non secondaria, tutta politica: anche se la legge esclude un vincolo di mandato, di fatto a che titolo “parleranno” i nuovi senatori? Rispondendo a quali criteri? Se i senatori consiglieri sono eletti secondo le preferenze, sia pure in forma mediata, avranno un mandato di tipo politico, dei cittadini, o in quanto espressione delle regioni in base a una precisa ripartizione, avranno un mandato di tipo territoriale?Molto dipenderà dalle modalità con cui saranno indicati e poi eletti i nuovi consiglieri-senatori, in base alle norme ancora della nuova legge elettorale per il Senato.La riforma Boschi non vede i presidenti delle regioni tra i componenti di diritto del nuovo organismo, ma neppure li esclude. Se le nuove norme nel definire le modalità con cui scegliere i consiglieri senatori, dovessero indicare, tra gli altri, il criterio del “più eletto” – una delle ipotesi possibili – ecco che i governatori regionali tornerebbero in gioco. Con tutto quanto ne consegue. La Conferenza Stato/Regioni, camera di compensazione tra governi regionali ed esecutivo nazionale, continuerà ad esistere, ma il nuovo Senato potrebbe rappresentare – questo il timore, specie delle opposizioni – un organismo parallelo, un “ibrido tra governo centrale e pseudo regionale” per rifarsi a una definizione di Roberto Calderoli, foriero di “molte complessità”.IL REGOLAMENTO E LE COMMISSIONI – Molte delle definizioni dell’organizzazione e della stessa articolazione dell’organismo istituzionale sono demandate al nuovo regolamento del Senato, che dovrà però essere approntato dagli stessi senatori consiglieri, i quali decideranno anche le modalità di voto e approvazione. Se sotto il profilo delle competenze tecniche questi si potranno avvalere dell’appoggio degli uffici del Senato, si ripropone la questione politica già indicata.Ad esempio, anche restando rigidamente ancorati a questioni pratiche, i 100 senatori in base a quali criteri verranno distribuiti tra le varie commissioni? Tanto per cominciare, per il momento, di commissione ce n’è una sola.Generica. E’ evidente che non potrà esisterne una sola per 100 senatori, probabilmente ne saranno create un numero ristretto, nell’ordine della metà (o anche meno) delle 14 attuali, verosimilmente articolate per argomenti (anche se a rigor di legge il Senato potrà esprimersi su qualunque argomento, quindi in linea teorica dovrebbe confermare le competenze attuali). A deciderlo, ancora una volta, sarà il Regolamento, che dovrà istituirle e regolarne il funzionamento. Ma al loro interno i senatori come verranno scelti, con quale criterio? Oggi sono espressione dei partiti di maggioranza ed opposizione, in base all’esito delle elezioni nazionali. Qui i senatori consiglieri sono espressione delle regioni, quindi è difficile immaginare un ruolo per i gruppi parlamentari come esistono oggi, ammesso che i gruppi possano ancora esistere. O se esisteranno registreranno la schiacciante preponderanza della formazione di maggioranza.Sta ancora una volta al prossimo Regolamento del Senato “garantire i diritti delle minoranze parlamentari”. Il Senato in base alla riforma potrà “svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei Deputati”. Anche di questo, delle modalità di tali interventi, dovrà occuparsi il nuovo Regolamento del Senato. Il Senato avrà anche la possibilità di “richiamare” un provvedimento della Camera, per esaminarlo ed eventualmente proporre delle modifiche, sulla base della richiesta del 30% dei suoi componenti. Si è calcolato che il 30% rappresenti più o meno 12 regioni di medio-piccole dimensioni. “Su questa base ne consegue che le regioni e gli interessi delle regioni di medio o piccole dimensioni verranno appiattite o cancellate. Geograficamente, le regioni del Sud saranno schiacciate dalle Regioni del Nord” ha osservato ancora Calderoli.Tor/Int7