Mattarella avverte il Parlamento: voti i giudici costituzionali

Pd: siamo pronti. In corsa Barbera, Ceccanti, Sisto. Incognita M5s

OTT 2, 2015 -

Roma, 2 ott. (askanews) – Sui giudici costituzionali è tempo di chiudere la partita: l’arbitro fischia l’inizio dei tempi supplementari. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lancia un avvertimento chiaro: “Con la seduta comune di ieri – dice – si sono esaurite le votazioni che richiedono quorum di maggioranza diversi per l’elezione dei giudici costituzionali da tempo mancanti. Mi auguro che il Parlamento provveda, con la massima urgenza, a questo doveroso e fondamentale adempimento, a tutela del buon funzionamento e del prestigio della Corte Costituzionale e a salvaguardia della propria responsabilità istituzionale”. Dichiarazione scritta, pensata, non casuale.

La politica risponde, anche se in realtà i giochi non sono ancora fatti. “Siamo pronti a raccogliere l’appello del capo dello Stato affinché il Parlamento elegga rapidamente i tre giudici della Corte costituzionale mancanti”, garantiscono in una dichiarazione congiunta i capigruppo del Partito democratico al Senato e alla Camera, Luigi Zanda ed Ettore Rosato. Allineati anche i presidenti delle Camere, Pietro Grasso e Laura Boldrini, che ricordano, anche loro con una nota congiunta, di “avere ripetutamente sollecitato al riguardo le forze politiche” nelle riunioni delle rispettive conferenze dei capigruppo dei mesi scorsi, e “si augurano pertanto che, anche in conseguenza delle parole odierne del presidente Mattarella, la questione venga affrontata tempestivamente e con senso di responsabilità per permettere alla Corte costituzionale di lavorare a ranghi completi”.

Il Parlamento ne deve eleggere tre, è certamente uno dei periodi storici più lunghi di “mutilazione” del collegio: da luglio sono in carica dodici su quindici. Sono da sostituire Luigi Mazzella, designato a suo tempo dal centrodestra, scaduto il 28 giugno dello scorso anno; lo stesso Mattarella, trasferitosi a inizio anno al Quirinale e precedentemente eletto alla Corte in quota centrosinistra; Paolo Maria Napolitano, scaduto lo scorso luglio, indicato dal centrodestra.

Le quotazioni nei palazzi della politica danno in pole position in quota Pd due costituzionalisti molto legati al partito come Augusto Barbera (più volte parlamentare col Pci e il Pds) e Stefano Ceccanti, ex senatore del Pd. Per Forza Italia al momento c’è un solo nome in corsa, il deputato in carica Francesco Paolo Sisto, già presidente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio e avvocato cassazionista. Non proprio il profilo del giurista indipendente, ma del resto, se dovesse prevalere la linea dei giuristi puri, anche Barbera e Ceccanti perderebbero qualche punto in classifica. In quota centrodestra, se perdesse terreno Sisto, scaldano i motori, secondo una fonte parlamentare, Giorgio Spangher (già componente del Csm in quota centrodestra) e Giovanni Guzzetta, ideatore dei falliti referendum del 2009 sulla legge elettorale.

In teoria l’intesa, con tre posti a disposizione, dovrebbe comprendere il M5s: “Non so se stavolta, viste le tante poltrone che hanno promesso in cambio dei voti sulla riforma, tenteranno di tagliarci fuori del tutto”, osserva Vito Crimi, uno dei big del movimento di Beppe Grillo. M5s tiene sui suoi tre nomi, votati anche ieri nel corso della ennesima seduta comune di Camera e Senato andata a vuoto: l’avvocato Felice Besostri, autore del ricorso alla Consulta che affondò il Porcellum, e i costituzionalisti Silvia Niccolai e Franco Modugno. Sono gli stessi candidati che i parlamentari stellati hanno proposto da un anno, “non sono nostri, solo persone di altissimo livello”, rivendicano da sempre. A conferma di ciò, ci sarebbe anche una lettera del quarto candidato indicato da M5S lo scorso anno per la Consulta: Antonio D’Andrea, che con una lettera avrebbe ritirato la sua disponibilità indicando come scelta migliore il nome di Modugno.