Renzi pressa Grasso: altro che fretta, riforme attese da 70 anni

Il presidente del Senato: "la politica non può relegare Istituzioni in museo"

SET 17, 2015 -

Roma, 17 set. (askanews) – Matteo Renzi non cambia di una virgola la linea sulle riforme e continua il pressing sul presidente del Senato Pietro Grasso: “Cambiare una doppia lettura conforme è possibile solo con l’accordo di tutti, mai è accaduto che si facesse una modifica senza questo elemento”. Facendo intendere che la possibilità di proporre l’abolizione tout court del Senato nel caso in cui la seconda carica dello Stato consentisse modifiche all’articolo 2 esiste davvero: “Se così fosse, valuteremo di conseguenza”.

Ma l’obiettivo del premier è soprattutto quello di sostare il confronto sulle riforme dal terreno delle “tecnicalità” a quello del consenso nel Paese. Prima di tutto, fa presente che il superamento del bicameralismo perfetto “è una riforma attesa da 70 anni”. E dunque, “altro che fretta”. Tanto più che tra una lettura e l’altra sono passati in media sei mesi: “Se vi sembrano pochi…”. E poi rimanda ancora una volta al referendum confermativo sulla riforma, che il premier intende convocare anche nel caso in cui non fosse necessario: sarà una consultazione “importante, di grande impatto, di grande valore e molto significativa” e soprattutto “sarà lo spazio per una valutazione dei cittadini sull’operato dei parlamentari”. Come a dire, chi si opporrà alle riforme sarà condannato dal popolo.

Anche per questo il premier, pur non dicendolo apertamente, conferma che la minaccia di un’abolizione totale del Senato – certo non sgradita a larghi settori dell’opinione pubblica – è sul tavolo. Di prima mattina, l’ufficio stampa di palazzo Chigi ha smentito la frase su palazzo Madama trasformato in un museo, ma non ha coinvolto gli altri quotidiani che riportavano la tentazione di abolire il Senato nè ha smentito le agenzie che ieri avevano anticipato la notizia. D’altra parte è lo stesso Grasso a non credere alla smentita: “coltivo la remota speranza – ha detto – che la politica, chiamata proprio in queste ore a compiere scelte fondamentali per il futuro istituzionale del nostro Paese, possa far sua questa stessa capacita’ di fare del confronto leale e della comprensione reciproca la modalita’ principale della sua azione, piuttosto che far trapelare la prospettiva che si possa addirittura fare a meno delle Istituzioni relegandole in un museo”.

Prospettare la chiusura di palazzo Madama, d’altra parte, può rappresentare oggi uno strumento per tagliare tutti gli emendamenti sull’elettività del Senato, ma anche – è la lettura che dà più di un parlamentare – una minaccia per i funzionari del Senato che – sempre secondo i renziani – remano contro la riforma. Tanto che un alto dirigente Pd chiarisce: “Se si apre l’emendabilità su tutto è chiaro che cambia il quadro”.

Quanto ai rapporti con la minoranza interna, il premier lascia capire che, se ci fosse una reale volontà politica, la disponibilità all’accordo c’è ancora: “A noi interessa che il procedimento di legge sia molto più semplice”, superando il bicameralismo perfetto: “Che questo avvenga con un articolo o l’altro per noi è indifferente. Dopodichè vedremo, tra una settimana andiamo in Aula”. Perchè se è vero che la maggioranza oggi ha ampiamente superato il primo scoglio delle pregiudiziali, è anche vero che politicamente per Renzi fa tutta la differenza del mondo che la riforma passi senza il consenso di una pattuglia consistente di senatori Pd.