Minoranza Pd lascia tavolo su riforme, governo vuole ddl in Aula

Finocchiaro boccia emendamenti su art.2. Grasso irritato

SET 15, 2015 -

Roma, 15 set. (askanews) – Settimana decisiva per la riforma costituzionale al Senato. Matteo Renzi ha ribadito che il ddl dovrà essere licenziato entro il 15 ottobre, perché in quella data si comincia a lavorare sulla Legge di stabilità. Le parole del premier si sono tradotte in una accelerazione chiesta dal gruppo Pd al Senato per portare il testo subito in Aula, forse già da martedì, ma sarà la capigruppo di domani a stabilire la data.

Intanto oggi è andata in scena la rottura definitiva con la minoranza dem, che ha deciso di abbandonare il tavolo che riuniva gli esponenti di Camera e Senato: “Non si discute di nulla, siamo a un binario morto”, ha lamentato Doris Lo Moro lasciando la riunione. Per la ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi, però, “non è saltato nessun tavolo. Spiace – ha detto – per chi decide di andarsene proprio quando l’intesa è vicina”. Dei contenuti di questi incontri infatti ci sono versioni discordanti: per la minoranza sono state del tutto inutili perché in realtà non si sarebbe entrati nel merito neppure delle modifiche alle funzioni del Senato, per la maggioranza invece l’intesa possibile c’era ed era rappresentata dalla proposta Bassanini, ma in realtà già avanzata anche da altri, di introdurre l’elettività dei senatori non all’articolo 2 ma al 35, ossia all’articolo 122 della Costituzione.

Preso atto che l’unità del Pd era irrealizzabile, Anna Finocchiaro ha poi comunicato alla commissione la sua decisione per l’inammissibilità degli emendamenti all’articolo 2, ossia quello sulla composizione del Senato. “Non una valutazione politica ma puramente regolamentare”, ha chiarito la relatrice e presidente della commissione Affari costituzionali, il cui orientamento era peraltro già stato anticipato ad agosto, nella replica fatta in commissione prima della pausa estiva. Come ha ricordato il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, sempre attento e presente sull’iter della riforma costituzionale: “Le basi per un impegno comune del gruppo Pd sono state indicate dalla presidente Finocchiaro, al di fuori di questo non vedo possibile un’intesa soprattutto se si vuole riaprire la scelta di un Senato che rappresenti le istituzioni territoriali. Questo è uno dei pilastri della riforma”.

Anche le opposizioni Fi, Lega, Sel e M5S hanno attaccato il Pd per la decisione sugli emendamenti e hanno chiesto un comitato ristretto per provare in extremis a trovare un accordo. Ma il governo a questo punto preferisce andare subito in Aula e magari cercare lì di sanare le divisioni, tanto più che in commissione c’erano comunque centinaia di migliaia di emendamenti che non avrebbero mai consentito di raggiungere l’obiettivo del 15 ottobre. “Certo è curioso che nello stesso giorno in cui la presidente dichiara l’inammissibilità degli emendamenti all’articolo 2 si chieda di portare il testo subito in Aula”, ha commentato maliziosamente un senatore della minoranza dem a lasciare intendere che il percorso fosse già stato deciso.

L’accelerazione impressa dal Pd ha però suscitato l’irritazione del presidente Grasso, che si è sentito “scavalcato” nella sua facoltà di presidente quando è circolata la notizia della convocazione della capigruppo. Una irritazione che non promette nulla di buono visto che da questo momento è proprio con la seconda carica dello Stato che la maggioranza dovrà vedersela per portare in porto la riforma. Spetta a Grasso infatti pronunciarsi sugli emendamenti che verranno presentati in Aula anche se il “precedente” creato oggi dalla Finocchiaro non potrà essere ignorato.