Senato vota riforma Rai il 31 luglio. Governo minaccia decreto

Opposizioni polemiche: "Contingentamento dei tempi mascherato"

LUG 22, 2015 -

Roma, 22 lug. (askanews) – Il Governo vuole riformare la governance della Rai e per farlo chiede collaborazione alle Camere e alle forze di opposizione. Facendo balenare fra i corridoi una vaga ipotesi del ricorso alla fiducia oppure a un decreto che consenta a Matteo Renzi di nominare i nuovi vertici, una volta concluso l’esame del ddl in prima lettura al Senato.Testo che poi il Governo riprenderebbe nel decreto.

Il messaggio delle fonti governative, indirizzato in particolare alla presidente della Camera Laura Boldrini, è: le nomine Rai vanno fatte, Montecitorio “non può mettere il ddl in coda alle sue priorità, altrimenti palazzo Chigi procederà con altri strumenti”. Il Governo punta realisticamente a concludere l’iter per settembre; non entro la pausa estiva, come finora la voce ufficiale della maggioranza, il relatore del provvedimento Raffaele Ranucci (Pd), ha più volte ribadito.

Nel corso della conferenza dei capigruppo il Governo ha annunciato la presentazione di un emendamento “non integralmente sostitutivo del testo”, salvo poi far sapere che si tratterà di una modifica limitata a un punto specifico del testo, e non a una sostanziale riscrittura del ddl. Resta ferma quindi la posizione espressa in aula dal sottosegretario allo Sviluppo economico Antonello Giacomelli (Pd), il quale ha garantito la preferenza del governo per il “percorso parlamentare”, ma ha chiesto, anche alla luce della presentazione di oltre 1.500 emendamenti delle opposizioni, di non esporre la tv pubblica al rischio di una eccessiva, ulteriore proroga delle attuali cariche di vertice. Secondo fonti governative, non è nemmeno esclusa una nuova tornata di nomine “transitorie” con il vecchio sistema della legge Gasparri, ma con una sorta di data di scadenza impressa sulla confezione del nuovo Cda, magari attraverso una norma da inserire proprio nella nuova legge.

Sull’iter del provvedimento non sono mancate le polemiche da parte delle opposizioni, dopo che in conferenza dei capigruppo a palazzo Madama il presidente Pietro Grasso ha imposto la sua soluzione: provvedimento in coda ad altri impegni di calendario ma scadenza per il voto finale il 31 luglio. “Un contingentamento dei tempi mascherato”, hanno denunciato a una voce Sel, Lega e M5S, che avevano proposto di posporre la decisione sui tempi di esame del ddl alla verifica sull’ammissibilità degli emendamenti, che dovrebbe consentire di valutare il reale impatto della minaccia ostruzionistica implicita nel loro numero.

I principali nodi politici ancora da sciogliere sono i contenuti delle due deleghe sul testo unico di settore e sulla riforma del canone, i requisiti di trasparenza e competenza per le nomine in Cda (ma Ranucci ha già chiuso la porta alla proposta dei 5 stelle di escludere per sette anni la possibilità di nominare ex parlamentari o membri di governo), la definizione dei poteri dell’amministratore delegato.