Il luglio caldo di Renzi tra riforme, scuola, P.a. e Grecia

Tensioni anche sulla Rai e sulle unioni civili

LUG 2, 2015 -

Roma, 2 lug. (askanews) – Sarà un luglio caldo per Matteo Renzi e non solo, come sarebbe ovvio, dal punto di vista meteo. Il premier, dopo la sconfitta delle amministrative, vuole portare a casa innanzitutto la riforma del Senato, tassello fondamentale nella sua strategia di rivincita per il 2016, ma opposizioni e minoranza interna non hanno alcuna intenzione di facilitargli il compito. Lo scorso anno, pur reduce dal successo delle Europee e con Fi ancora fedele al patto del Nazareno, il premier aveva dovuto andare al braccio di ferro per avere il via libera del Senato alla prima lettura delle riforme costituzionali ed è quindi facile capire quanto possa essere complicata ora la partita. Peraltro, il percorso a ostacoli del governo non si limita alle riforme, ormai su tutti i principali provvedimenti le opposizioni (in Parlamento e interne al Pd) cercano di di lavorare ai fianchi Renzi: dalla scuola, alla riforma della Pubblica amministrazione, passando per il ridisegno della Rai, il governo dovrà faticare, e probabilmente concedere qualcosa, per andare avanti. Senza contare l’incognita Grecia, che potrebbe avere conseguenze pesanti per i conti pubblici.

La partita più delicata, però, è proprio quella delle riforme costituzionali, per un insieme di motivi. Innanzitutto, la riforma del Senato è fondamentale per poter, in caso di bisogno, andare a votare con l’Italicum senza che sorgano problemi, visto che la nuova legge elettorale vale solo per la Camera. Ma, soprattutto, Renzi vuole coprire con una valenza politica le amministrative del prossimo anno (si vota a Milano, Torino, Napoli, tra le altre città): l’idea, fatta filtrare da diversi giorni, è quella di tenere il referendum confermativo sulla riforma costituzionale nello stesso giorno del voto per i comuni. Un modo per provare a sopperire alla debolezza dimostrata dal Pd alle ultime elezioni locali: mettere sul piatto la riforma della Costituzione voluta fortissimamente dal governo.

Per raggiungere questo obiettivo, però, è fondamentale che la riforma della Costituzione venga chiusa in prima lettura entro agosto, cosa non scontata. Solo così sarà poi possibile completare la seconda lettura prevista dalla Costituzione entro fine anno, termine ultimo per tenere il referendum in primavera.

Renzi è disponibile a concedere qualcosa in direzione del Senato elettivo, ma senza rimettere mano alla riforma vera e propria: nelle intenzioni del governo si potrebbe ripristinare una sorta di elettività con la legge ordinaria che stabilirà il meccanismo di scelta dei nuovi senatori da parte dei consigli regionali. L’idea è quella di prevedere un listino a parte nella scheda per le regionali che indichi, appunto, i consiglieri che poi verranno inviati in Senato. La minoranza Pd però rilancia e ha presentato un documento per chiedere che la questione non sia demandata alla legge ordinaria ma venga risolta proprio nel testo della riforma.

Sulla scuola le cose sono più semplici, perché nonostante la minoranza continui a mugugnare, alla Camera i numeri mettono il governo al riparo da sorprese e il provvedimento dovrebbe essere approvato entro una settimana (va in aula il 7).

Subito dopo, in teoria, Montecitorio dovrebbe dedicarsi alla riforma della P.a., altro settore delicato come quello della scuola, ma – appunto – tutto deve intrecciarsi con la riforma della Costituzione. Se al Senato si troverà un accordo, la riforma costituzionale dovrà tornare alla Camera per la definitiva approvazione in prima lettura e a quel punto avrebbe la precedenza anche sulla riforma Madia della P.a., perché altrimenti non si riuscirebbe poi a chiudere la seconda lettura in tempo.

Delicato è anche il fronte Rai. Il ddl presentato dal governo finora non ha fatto passi avanti e da Fi arrivano centinaia di emendamenti. Ma nemmeno all’interno dello stesso Pd sembra ci sia grande compattezza sulle nuove norme che disciplinano i vertici di viale Mazzini. C’è poi il tema unioni civili, promesso più volte da Renzi: il premier si trova in questo momento sotto il tiro incrociato dei centristi della maggioranza che vogliono limitare il più possibile le aperture alle coppie di fatto e l’ala sinistra del Pd e fuori dal Pd che, galvanizzata dalla decisione della Corte suprema Usa incalza Renzi.