M5S secondo partito, ma l’astensionismo colpisce anche Grillo

Voto locale e preferenze tallone d'Achille per gli stellati

GIU 1, 2015 -

Roma, 1 giu. (askanews) – I primi commenti dei big del Movimento 5 stelle dopo lo spoglio nelle sette regioni sono improntati tutti all’ottimismo: per Luigi Di Maio il M5S è “forza di Governo” mentre Roberta Lombardi parla di “tsunami inarrestabile”. E Grillo si dice pronto a un nuovo giorno del Ringraziamento “con il tacchino del Pd in forno” alle prossime politiche. Ma i numeri consiglierebbero cautela: i “grillini” si consolidano, piazzano una pattuglia di eletti in tutte le regioni al voto (un successo dopo la traumatica esclusione del novembre scorso dal Consiglio regionale della Calabria) ma in voti assoluti e percentuali il loro risultato è più basso non solo rispetto alle politiche del 2013 ma anche in relazione alle pur deludenti europee 2014.

Per il M5S il raffronto con le ultime scadenze elettorali è agevole, perché le liste stellate si presentano sempre da sole, senza alleanze o “liste del presidente”. Pagano, tuttavia, lo scotto di liste popolate da novizi della politica, sempre meno attraenti in caso di elezioni locali e di leggi elettorali che contemplano le preferenze. Nello stesso giorno del loro successo più clamoroso, alle politiche del 2013, alle regionali in Lombardia, Lazio e Molise le percentuali delle liste stellate erano più basse fra il 6 e il 15 per cento rispetto a quelle del voto per la Camera.

Anche Grillo e i suoi soffrono, ormai, della malattia dell’astensionismo. I voti assoluti seguono una curva discendente: in Liguria, la brillante affermazione della candidata presidente Alice Salvatore (24,83 per cento mentre la lista M5S si è fermata al 22,28) è stata ottenuta con 163mila voti; ma alle politiche erano stati 300mila gli elettori M5S, alle europee poco più di 200mila. Stessa tendenza nel Veneto: dai quasi 800mila delle politiche a poco meno di mezzo milione (il 19 per cento) alle europee; Jacopo Berti, il candidato stellato, si è fermato a 262mila voti, pari all’11,87 per cento: segno che oltre alle astensioni anche la Lega ha recuperato al M5S voti che Grillo le aveva scippato in passato. Altro concorrente insidioso per i seguaci di Grillo e Casaleggio si è dimostrato l’ex sindaco di Bari Michele Emiliano, neopresidente della Puglia: qui i 5 stelle si sono dovuti accontentare di 310mila schede con la crocetta sul nome del loro candidato presidente, Antonella Laricchia, e circa 275mila voti alla lista. Erano più di 500mila alle politiche e ancora oltre i 400mila a maggio 2014. Numeri non troppo diversi nelle altre regioni che sono andate al voto.

C’è però un dato politico da tenere presente. Il M5S, dopo due anni di turbolenta vita interna, rapporti pessimi (ma in via di normalizzazione) con il mondo dell’informazione e rumorosa opposizione parlamentare, è quasi dappertutto il secondo partito, o il terzo di misura, e il tramonto profetizzato da critici e avversari non è in vista. I suoi risultati sono distribuiti in modo abbastanza regolare in tutta Italia, il che ne fa il primo concorrente del Pd, mentre la Lega di Salvini e Forza Italia, che in qualche regione lo superano, hanno una presenza sul territorio a macchia di leopardo. Insomma, sia che il “partito della nazione” di Matteo Renzi rimanga uno slogan, sia che diventi la futura evoluzione del Pd, appare probabile che si trovi a fare i conti con l’unica opposizione nazionale al momento in grado di fargli ombra.