Regionali per Renzi “successo comunque”, ma spera in goleada

Premier depotenzia valenza voto, sfide chiave Liguria e Campania

MAG 30, 2015 -

Roma, 30 mag. (askanews) – Prima il 6 a 1. Poi, per non demoralizzare gli elettori del Veneto, addirittura il possibile 7 a 0. Ma il vero messaggio, per Matteo Renzi, è che anche il 4 a 3, alle Regionali del 31 maggio, “sarebbe comunque un successo” e dunque non avrebbe alcuna conseguenza. Nè sulla premiership nè sulla leadership nel Pd. Perchè il punto fermo è che il voto locale riguarda “solo 7 regioni”, non può essere certo considerato un test nazionale, e dunque non comporterà in nessun caso le dimissioni da palazzo Chigi: “Posso fare tante cose nella vita, difficilmente quelle che ha fatto D’Alema”. Che appunto nel 2000 si dimise dopo la sconfitta per 8 a 7 registrata in una tornata che coinvolgeva ben 15 regioni. Stavolta si vota invece solo in 7 Regioni, di cui 4 che vengono date per sicure al Pd: Marche, Puglia, Toscana e Umbria. Con il Veneto quasi perso, la battaglia è tutta in Liguria e Campania.

Ma al di là del tentativo di depotenziare il voto, la posta in gioco per Renzi è comunque ragguardevole. E la differenza tra la goleada del 6 a 1 o il risicato 4 a 3 (“Mi ricorda Italia – Germania del 1970”, ha scherzato Renzi) potrà mutare il quadro nazionale e quello del partito. Non a caso il premier ha battuto le sette Regioni palmo a palmo. E dove non poteva essere lui, c’erano i fedelissimi: Boschi, Delrio, Guerini.

Sul fronte interno, la Regione decisiva è senz’altro la Liguria.La vittoria della renziana Raffaella Paita alle primarie ha lasciato intossicato il Pd, con lo sconfitto Sergio Cofferati che ha lasciato il partito, aprendo la strada alla candidatura del civatiano Luca Pastorino alla guida della Regione. E se i voti che il candidato della sinistra porterà via alla Paita saranno sufficienti per non far vincere la candidata Pd, gli equilibri nel partito potrebbero cambiare dando peso e fiato alla minoranza interna. Non a caso da settimane Renzi martella contro la “sinistra masochista” che “punta solo a far perdere la Paita” e così facendo “aiuta Berlusconi”. Mentre un’affermazione significativa di Pastorino avrebbe anche l’effetto di mostrare chiaramente l’esistenza di uno spazio a sinistra del “Partito della Nazione” immaginato da Renzi. Anche in Campania, nel testa a testa tra De Luca e Caldoro, Renzi si gioca molto, soprattutto sul fronte degli “impresentabili”: il premier ha messo la faccia sulla campagna di De Luca. Tuttavia, il segretario Pd si dice convinto che i Democratici saranno “il primo partito”, ed effettivamente un sorpasso non sembra alle porte.

Ma oltre alle dinamiche interne al Pd, Renzi guarda anche ai risultati dei suoi alleati e dei suoi avversari: gli equilibri che si disegneranno tra la Lega di Matteo Salvini e Forza Italia potrebbero essere decisivi per capire l’atteggiamento che Silvio Berlusconi terrà in Parlamento nei confronti delle riforme. Così come la percentuale di Fi potrebbe essere determinante ai fini della consistenza delle scissioni in casa azzurra, quelle annunciate da Raffaele Fitto e Denis Verdini. Mentre il peso che il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano riuscirà ad ottenere sarà rilevante per l’assetto futuro del governo.

Non è un caso dunque che Renzi abbia spostato a dopo le Regionali diverse partite. In primo luogo l’elezione del nuovo capogruppo Pd alla Camera, in sostituzione del dimissionario Roberto Speranza. E anche i rimpiazzi nella squadra dell’esecutivo (alcune caselle sono vacanti da mesi) saranno decise solo dopo aver pesato i voti delle Regionali: in ballo ci sono il ministero degli Affari Regionali e un posto da sottosegretario al ministero dello Sviluppo. Chi premiare e chi punire sarà deciso anche dal risultato delle elezioni.