Stralcio 5X1000 fa marciare il ddl scuola verso via libera Camera

Mediazione con minoranza Pd. Renzi: no tabu, mai più 6 politico

MAG 19, 2015 -

Roma, 19 mag. (askanews) – Dopo un duro confronto nell’aula della Camera il governo blinda i tempi del ddl di riforma della scuola che si avvia verso il primo sì della Camera. L’esecutivo decide di stralciare uno degli articoli più contestati, il 17, quello che prevedeva la possibilità per i contribuenti di devolvere il 5 per mille dell’Irpef a specifici istituti scolastici sia pubblici che paritari. Beninteso, chiarisce il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, “non si accantona nè si abbandona l’idea” di introdurre un meccanismo “molto utile e produttivo” anche per la scuola. Ma si dovranno trovare “risorse aggiuntive” e il governo “si impegna a farlo”, magari in vista di un inserimento nella legge di stabilità.

Intanto però la norma sul 5 per mille per le scuole viene cancellata e la mossa ottiene un duplice effetto: da un lato le votazioni degli emendamenti dopo lo stop and go su un tema così controverso proseguono spedite (e le opposizioni, da Sel a Movimento 5 stelle, si intestano a vicenda la vittoria), dall’altro la mediazione tra la maggioranza del Pd e la minoranza prosegue. La linea che lo stesso premier Matteo Renzi ribadisce anche oggi è di apertura al confronto ma anche di determinazione nel voler “cambiare la scuola vincendo un po di tabu”. Si può “discutere di tutto”, incalza Renzi, “ma il tempo del 6 politico è finito”.

Mantra del dialogo anche con la minoranza interna. E il segnale dell’apertura – che qualche giorno fa Renzi aveva già lasciato intendere potesse manifestarsi sul terreno del 5 per mille – arriva con lo stralcio. Dunque tra la “riformulazione” dell’articolo approvato ieri sui poteri del preside, “il fatto – spiega Andrea Giorgis, esponente della minoranza – che sia stato interamente riscritto l’articolo 10 sui modi attraverso i quali i presidi esercitano la scelta prevedendo più collegialità” e lo stralcio di quello sul 5 per mille, insieme ad altri ritocchi al testo, la “buona scuola” diventa piano piano più digeribile. Non per i più risoluti come Stefano Fassina che di fatto è già con un piede fuori dal partito e che potrebbe votare no alla riforma, ma per gli altri, l’ala “lealista” della minoranza Pd, il dissenso sulla riforma è destinato ad assumere forme più soft. Lo stesso Enrico Letta commenta che con le modifiche la riforma “è stata un po raddrizzata”.

Accantonato fino a notte l’articolo 10 dedicato alle assunzioni dei precari, ottengono, tra gli altri, il disco verde dall’aula il 12, che istituisce la carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione dei docenti che riceveranno 500 euro l’anno per acquisti o iniziative di carattere culturale; il 13 che prevede l’istituzione di un fondo di 200 milioni di euro per valorizzare il merito dei docenti (il bonus sarà assegnato dal dirigente scolastico); il 14 che fissa a 36 mesi, anche non continuativi, il limite per i contratti a termine (“No a nuovo precariato: da ora si entra per concorso” twitta la Giannini). E’ scontro, invece sui contributi pubblici alle scuole paritarie: i deputati della minoranza del Pd Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre votano a favore di un emendamento di Sel che ne chiede la soppressione. Niente da fare. Passa l’articolo 18 che introduce lo school bonus, ovvero un credito d’imposta del 65% per il biennio 2015 e 2016 e del 50% per il 2017 per chi effettua erogazioni liberali in denaro per la realizzazione di nuove scuole, manutenzione e potenziamento di quelle esistenti, sia statali che paritarie.

Via libera anche all’articolo 19 sulla detraibilità delle spese sostenute per la frequenza scolastica: no del dissidente dem Stefano Fassina, di Sel e di Movimento cinque stelle che parlano di un rinnovato “patto del Nazareno” per l’asse tra la maggioranza e Forza Italia sulla riforma della scuola. L’articolo introduce una detrazione Irpef, per un importo annuo non superiore a 400 euro per studente, per le spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, delle scuole secondarie (anche statali) di secondo grado. Bocciato un emendamento della minoranza Pd che mirava ad abolire le detrazioni delle spese per gli allievi delle scuole superiori.

Il tema scalda gli animi – in aula il botta e risposta tra Sel e l’ex Udc Rocco Buttiglione secondo il quale “è infastidito dalle paritarie chi ha in testa il modello Urss” – tanto che il premier Matteo Renzi decide di puntualizzare: “Una parte delle scuole private sono diplomifici, questo non può funzionare – spiega -. Daremo le detrazioni fiscali alle scuole parificate ma la qualità della scuola va verificata”.

Mercoledì intanto, alle 11.30, inizieranno le dichiarazioni di voto finale. Fuori da Montecitorio continua il sit-in di protesta promosso dal Movimento cinque stelle ma si tratta di poche decine di partecipanti. Del resto lo stralcio dell’articolo 17 viene accolto positivamente anche dalla piazza del 5 maggio: la Rete degli studenti canta “vittoria”, la Cgil la giudica “un’ottima notizia” pur chiedendo “cambiamenti profondi sui nodi critici”. Ma per questo ci sarà il Senato.