Fassina: Renzi ormai guarda a destra, o si cambia o me ne vado

"Siamo un partito dell'establishment con un impianto liberista"

MAG 13, 2015 -

Roma, 13 mag. (askanews) – “Sono pronto a lasciare il Pd se non cambia radicalmente la riforma della scuola”. Lo dice Stefano Fassina, deputato della minoranza Pd, in una intervista a “Repubblica”. “Dopo il Jobs Act e le questioni istituzionali – attacca – il Pd si è riposizionato, in modo da accreditarsi a destra”.

“Non è un’opinione – prosegue Fassina – ci sono i fatti che parlano. Uno non se lo dice davanti allo specchio che è di sinistra. Neanche il ripescaggio della simbologia storica – mi riferisco al brand delle feste dell’Unità – copre lo spostamento, meglio il riposizionamento di cultura politica, di programma e di interessi rappresentati. E gli esempi sono tanti. Innanzitutto il lavoro. Quando Renzi è venuto a presentare la delega-lavoro in aula ha motivato l’intervento con il paradigma dell’apartheid, che scarica sui lavoratori con qualche residua tutela, il problema della disoccupazione e della mancata crescita. È il paradigma introdotto da Reagan. C’è poi il disegno plebiscitario, imposto con il voto di fiducia sull’Italicum: uno sfregio al Dna costituzionale del Pd. Con una mano inoltre si danno 80 euro a chi ha un lavoro, con l’altra si riprendono con tagli al welfare locale. L’atteggiamento di ottusa arroganza nei confronti dello sciopero di 618 mila lavoratori della scuola è l’ultimo esempio di un premier che colpisce sistematicamente gli interessi economici e sociali rappresentati dalla sinistra per accreditarsi a destra”.

Il Pd, spiega, “è diventato un partito dell’establishment, sostanzialmente in asse con l’agenda tedesca che domina in Europa, con un impianto liberista sul terreno economico e sociale e plebiscitario sul terreno della democrazia”.