Cav piega il “patto” ma non lo rompe. Fi sempre più nel caos

Fitto insiste: azzerare tutto. Cerchio magico "depotenzia" Verdini

FEB 4, 2015 -

Roma, 4 feb. (askanews) – Rotto, congelato, finito. Non sono esattamente tre sinonimi. Eppure sono questi gli aggettivi che il consigliere politico di Forza Italia, Giovanni Toti, usa per definire lo stato di salute del patto del Nazareno. Sintomo di una ambiguità che, ancora una settimana dopo lo strappo sul Quirinale, continua a contrassegnare i rapporti tra palazzo Grazioli e palazzo Chigi. Un’ambiguità dovuta in parte ai tentennamenti di Silvio Berlusconi, combattutto tra l’orgoglio ferito e la volontà di non mettersi in un angolo. Ma condizionato anche, e non poco, dalle lotte interne a Forza Italia, ormai sempre più divisa tra cerchio magico, verdiniani e fittiani.

Il film delle ultime 24 ore è, da questo punto di vista, assolutamente emblematico. Nel pomeriggio il Cavaliere vede nell’ordine Denis Verdini (finito, insieme a Gianni Letta, nel mirino della fedelissima Maria Rosaria Rossi), poi il leader della fronda Raffaele Fitto. Raccontano che l’incontro di ieri tra i due non sia andato male, che sia stato interlocutorio ma non di rottura. Mentre però l’eurodeputato azzurro riunisce i ‘suoi’ parlamentari a cena, sul telefonino arriva un messaggino che lo fa sobbalzare sulla sedia: ufficio di presidenza convocato per l’indomani alle 11.30. Una convocazione nata da un’altra riunione avuta da Berlusconi in serata con un nutrito gruppo di esponenti azzurri vicini al cerchio magico. E’ a quel punto che Fitto decide di convocare una conferenza stampa esattamente alla stessa ora. Per ribadire, con forza, quello che va chiedendo da tempo: un azzeramento della classe dirigente del partito.

Negli stessi momenti a palazzo Grazioli i big azzurri rimettono “simbolicamente” nelle mani di Berlusconi le loro cariche: un strategia che era stata stabilita qualche giorno fa proprio per cercare di neutralizzare la linea fittiana, nella consapevolezza che il Cav le avrebbe respinte. Il comitato di presidenza si riunisce in versione “ristretta”, con la presenza cioè dei soli aventi diritto di voto: l’idea è quella di produrre un documento da sottoporre al giudizio dei gruppi parlamentari inizialmente convocati per le 15 e poi slittati a mercoledì. Un documento che è sostanzialmente un “processo” al patto del Nazareno ma che, appunto, mantiene una discreta ambiguità. Perché non si stabilisce affatto che Forza Italia abbia intenzione di rompere sulle riforme, ormai avviate a conclusione, ma che d’ora in poi si darà il consenso “solo a ciò” che sarà ritenuto “condivisibile per il bene del Paese”. I primi a dubitare della rottura sono, non a caso, coloro che il patto lo avversano: lo stesso Fitto, ma anche Matteo Salvini e il M5s.

Quello che traspare, tuttavia, è più che altro una volontà di non lasciare che il patto – o come lo si vorrà chiamare d’ora in poi – sia gestito ancora come è stato gestito finora. Dunque, non dalle stesse persone. Nella riunione dell’ufficio di presidenza nessuno arriva a chiedere le dimissioni di Denis Verdini e Silvio Berlusconi lo “coccola” chiamandolo vicino a sé. Ma il cerchio magico sa bene di aver segnato un punto in questo senso. Ci sarebbe anche una suggestione: quella di affidare il ruolo di mediatore ad Alfano in modo da centrare un duplice obiettivo. Da palazzo Chigi, tuttavia, parte una contraerea di dichiarazioni di fedelissimi renziani. Prima Deborah Serracchiani poi addirittura Luca Lotti recapitano più o meno il seguente messaggio: il patto è rotto? Meglio così, ognuno per la sua strada. Un messaggio che – viene spiegato da fonti dem – sarebbe un avvertimento al Cavaliere: siamo noi a decidere chi sono i nostri interlocutori.