Pg: da Berlusconi un vero e proprio ordine su affidamento Ruby

Emerge da ricorso contro l'assoluzione in Appello dell'ex premier

DIC 1, 2014 -

Milano, 1 dic. (askanews) – La telefonata fatta da Silvio Berlusconi ai vertici della Questura di Milano nella notte tra il 27 e 28 maggio 2010 “è stata vincolativa” per il capo di gabinetto di Via Fatebenefratelli, Pietro Ostuni, “ed ha quindi avuto natura di vero e proprio ordine”. Ne è convinto il sostituto procuratore generale di Milano, Piero De Petris, che lo sottolinea nel ricorso presentato in Cassazione contro la sentenza d’Appello che ha assolto l’ex capo del governo dalle accuse di concussione e prostituzione minorile per la vicenda Ruby, ribaltando il verdetto di primo grado che si era concluso con una condanna a 7 anni. Il rappresentante della pubblica accusa.

Il rappresentante della pubblica accusa contesta “in toto” la ricostruzione della vicenda fatta dai giudici che hanno assolto Berlusconi. In particolare perché, ha suo giudicio, è sbagliato affermare che “l’intervento di Berlusconi sul capo di gabinetto si è risolto nella manifestazione di un desiderio, o al più di una garbata richiesta, priva di ogni carattere costrittivo”. De Petris è infatti convinto che il tono della domanda di Berlusconi di affidare l’allora minorenne Ruby all’ex consigliere regionale Pdl Nicole Minetti (e non alla comunità per minori, così come aveva disposto il pm), “non lasciava alcun margine di apprezzamento discrezionale per il funzionario cui è stata rivolta”.

Per il sostituto pg di Milano, insomma, non ci sono dubbi: l’ex capo del governo si è reso protagonista di un “abuso di qualità” del proprio ruolo istituzionale, che in questo caso specifico “si è concretato nella richiesta fatta da Berlusconi di affidare la minorenne ad una fiduciaria e che, soltanto per effetto di detto abuso, Ostuni ha assecondato la richiesta, avendo compreso pressoché immediatamente la falsità della rappresentazione relativa alla parentela della ragazza”. In altre parole, Berlusconi con quella telefonata “ha fatto un indebito uso della posizione personale rivestita, strumentalizzando la propria qualifica soggettiva di presidente del consiglio, senza alcuna correlazione effettiva con atti propri della funzione, surretiziamente invece prospettata come esistente, mediante l’asserito ricevimento di una segnalazione (in realtà mai avvenuta) circa un legame di parentela della minore con il presidente egiziano Mubarak”.