Riforme: ok costituzionalisti a ddl governo, ma riserve non mancano

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(askanews) – Roma, 5 mag 2014 – Placet iuxta modum – per usare il linguaggio sinodale vaticano, che vuol dire approvo ma con alcune modifiche – e’ il tipo di promozione che i costituzionalisti che oggi sono stati convocati dal Pd hanno riservato al progetto di riforma costituzionale proposto dal governo. Occasione e’ stato il confronto organizzato nel pomeriggio nella sede del Partito democratico alla presenza del presidente del Consiglio e segretario Pd, Matteo Renzi, della ministra per le Riforme Maria Elena Boschi e del vicesegretario democratico Lorenzo Guerini. Ragione dell’incontro quella di fare il punto sul progetto di riforma all’esame del Senato con particolare riferimento alle critiche e alle resistenze che si sono prodotte sulla riforma del Senato, anche e forse soprattutto quelle sorte all’interno del Pd e in senso piu’ ampio nell’area di centrosinistra. Il parterre dei costituzionalisti e dei giuristi e’ stato di tutto rilievo: tra gli altri Valerio Onida, Ugo De Servio, Augusto Barbera, Massimo Luciani, Luciano Violante, Francesco Pizzetti, Michela Manetti, Stefano Ceccanti, a cui si sono aggiunti politici e politologi. La natura dell’appuntamento e’ stata spiegata dalla ministra Boschi, che ha parlato di ”un pomeriggio di ascolto” come occasione per ”migliorare ed eventualmente colmare possibili lacune” in un quadro di ”dialogo aperto senza pregiudiziali” strettamente connessa con la riforma del Senato. La Boschi ha ribadito la disponibilita’ del governo al ”confronto” pero’ ”senza snaturare i punti fondamentali della riforma” che vanno visti nella fine del bicameralismo perfetto con la nascita di un Senato delle autonomie con elezione di secondo grado, una riscrittura del Titolo V strettamente connessa con la riforma del Senato, la cancellazione del Cnel e delle province. E’ con questa premessa che la ministra ha sottolineato come il convegno sia stato voluto ”per rafforzare il convincimento su alcune soluzioni proposte, migliorare o colmare lacune che possono esserci nel testo perche’ nessuno, io per prima, pensa di aver presentato un testo perfetto ma c’e’ la convinzione di aver presentato un progetto con obiettivi, identita’ e unita’ negli obiettivi”. Il primo punto di consenso pressoche’ generale e’ quello sulla fine del bicameralismo perfetto da tutti definito come antistorico se non addirittura superfluo, con tanto di citazioni di Mortati e Crisafulli che questa obiezione la espressero, inascoltati, gia’ nella fase costituente. Il secondo punto di convergenza ampia e’ quello che il nuovo Senato non puo’ essere una Camera di garanzia perche’ in questo modo si creerebbe una conflittualita’ tra i due rami del Parlamento per di piu’ affidando di fatto al Senato una funzione di freno rispetto alla Camera depositaria del rapporto fiduciario verso il governo. Questo ha rappresentato una bocciatura -in alcuni interventi esplicita- della proposta presentata da Vannino Chiti e appoggiata dalla minoranza Pd. Un progetto di riforma istituzionale a questo punto non puo’ che esprimere un Senato rappresentante degli interessi territoriali e rappresentante delle articolazioni del Paese. Altra cosa, e’ stato sottolineato (soprattutto da Barbera, De Siervo e Ceccanti) e’ una funzione di controllo sulle politiche pubbliche. In questo ambito Barbera ha fatto osservare come ormai siano superate le vecchie divisioni per ”materie” che non sono piu’ in grado di rappresentare e regolare una realta’ sociale, economica e produttiva che le supera. In questo caso meglio sarebbe richiamarsi alle ”funzioni” che permettono di distinguere meglio gli ambiti propri della territorialita’, delle Regioni e dello Stato. Un esempio e’ stato fatto per il turismo, dove dal fatto locale e comunale, si passa ad una gestione regionale e nel suo insieme a livello Statale. Senza dimenticare che oggi turismo vuol dire anche beni culturali, economia, strutture. Un rafforzamento di questa impostazione e’ stata indicata anche nel tema delle garanzie che pur esercitate non possono pero’ essere considerate come la funzione del nuovo Senato. Altra cosa (Ceccanti, Pizzetti e Luciani) e’ un ruolo di garanzia che puo’ essere innescato con un ricorso alla Corte Costituzionale, che e’ l’organo principe di garanzia, affidando la procedura alla richiesta di una minoranza qualificata, un quinto ad esempio, dei senatori. Con questo e’ stata bocciata anche la proposta di fare del Senato una camera di esperti sul modello della Camera dei Lord perche’, come ha detto Ceccanti, avrebbe il sapore di ”ragionamenti aristocratici e corporativi: se gli esperti servono, si chiamano in una commissione ma non si rendono permanenti”. Per quanto riguarda il presidente della Repubblica unanime e’ stata la bocciatura della nomina da parte sua di 21 senatori, come previsto dal ddl del governo, perche’ potrebbero alterare un equilibrio del Senato ma anche gettare ombre sulla elezione del capo dello Stato. In merito e’ stato messo in guardia dal ricorso ad una semplice elevazione del quorum di elezione perche’ significherebbe nei fatti istituzionalizzare un blocco consegnando sempre l’elezione del Presidente alla minoranza. In questo caso la soluzione consigliata e’ quella di allargare la base elettiva, integrando il numero dei senatori. Generale consenso sull’elezione di secondo grado del Senato, punto abbastanza controverso e’ stato quello sulla proporzione tra senatori espressi dai consigli regionali (non i governatori!) e i sindaci. Il ddl del governo che prevede una composizione paritaria e’ stato criticato in nome di una rappresentanza prevalentemente regionale (sul modello del Bundesrat tedesco) da allargare eventualmente a rappresentanze delle aree metropolitane, ma non ai sindaci. Su questo punto con opinione opposta e’ intervenuto il sindaco di Roma, Ignazio Marino, che in funzione di portavoce dell’Anci (il presidente Fassino oggi e’ a Londra) ha caldeggiato una composizione paritaria. In ombra e’ rimasto un argomento che rispetto alla riforma che il governo propone e’ semplicemente conseguente: quello della forma di governo. A evocare esplicitamente l’argomento e’ stato Luciano Violante, che ha sottolineato come siano entrati in crisi i modelli francese e Usa: ”I due sistemi che funzionano -ha detto- oggi sono quelli della Germania e quelli riferibili al modello della Gran Bretagna”. min/vlm