Immigrati: Cgil, 1,2 mln sofferenti, 1 su 2 tentato da lasciare Italia

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(askanews) – Roma, 2 ott – Oltre 1,2 mln lavoratori immigrativivono nell’area della sofferenza e del disagio occupazionaleper effetto della crisi che si e’ abbattuta con violenza sulloro lavoro e, piu’ in generale, sulla loro vita. Sono i datiche emergono dalla ricerca presentata oggi e promossadall’Associazione Trentin-Isf-Ires e dalla Cgil Nazionale,dal titolo ‘Qualita’ del lavoro e impatto della crisi tra ilavoratori immigrati’. Uno studio che da un lato calcola la platea di lavoratoriimmigrati ‘parcheggiati’ in quell’area definita dellasofferenza e nell’area del ‘disagio occupazionale; edall’altro riporta i risultati di un’indagine, condotta suoltre mille migranti intervistati, per conoscere gli effettidella crisi, sia sul piano lavorativo che su quello legatoalla vita sociale e ai processi d’integrazione. Per il segretario confederale della Cgil, Vera Lamonica,”mette i lavoratori e le lavoratrici migranti pagano glieffetti della crisi in maniera pesante: sono piu’disoccupati, piu’ sottopagati e sfruttati, piu’irregolari”.

Cosi’ sulla stessa linea l’intervento del presidentedell’Associazione Trentin, Fulvio Fammoni, secondo cui”peggiorano sensibilmente nella crisi le condizioni in cuiversano i lavoratori migranti”. I lavoratori immigrati rappresentano il 10,2% del totaledegli occupati e si concentrano soprattutto in settori comeservizi collettivi e alla persona (37,4%) e le costruzioni(18,9%).

La ricerca Trentin-Isf-Ires e Cgil riporta che tra il 2011 eil 2012, il tasso di occupazione degli stranieri e’ diminuitodel -1,7%, il tasso di attivita’ e’ rimasto sostanzialmenteinvariato, mentre quello di disoccupazione e’ aumentato del+2%, passando dal 12,1% del 2011 al 14,1% del 2012.

Lo studio misura la consistenza reale del non lavoro,contando gli esclusi dal mondo del lavoro attraverso l’areadella sofferenza: gli immigrati in ‘sofferenza’ sono oltre527 mila (13,7%) e gli italiani quasi 3 milioni e 800 mila(10,6%). Rispetto al 2011 i primi sono cresciuti di 101 milaunita’ e i secondi di 670 mila. In termini di valore assolutogli immigrati in eta’ da lavoro in ‘disagio’ sono oltre 706mila (18,4%) e rispetto all’anno precedente sono cresciuti di90 mila unita’ (+14,5%.) mentre gli autoctoni sono oltre 3milioni e 400 mila (9,5%) e sono aumentati di 220 mila unita’(+6,9%). Secondo Lamonica, ”la presenza dei lavoratori migranti inItalia e’ diventata negli anni un fenomeno assolutamentestrutturale che ha coperto alcune delle domande del nostrosistema produttivo e di welfare, basti pensare alla grandepresenza del lavoro domestico e di cura, cosi’ come hacontribuito al finanziamento del nostro sistema fiscale e diprotezione sociale avendo in cambio molto poco in termini didiritti e tutele”. Per l’85% degli intervistati la crisi ha apportato deipeggioramenti nella condizione lavorativa. La risposta piu’frequente alla domanda ‘quali sono stati gli effetti dellacrisi sul tuo lavoro?’ e’ stata che le retribuzioni si sonoabbassate (31,5%), immediatamente dopo che sono diminuite legiornate di lavoro (25,5%). Ma se da una parte il lavoro stadiventando meno retribuito e piu’ discontinuo, dall’altra lecondizioni di lavoro si fanno piu’ rischiose (19,1%) e gliorari piu’ lunghi (22,2%). Inoltre una parte degliintervistati sente che la crisi sta provocando una piu’generale perdita dei diritti (12,8%) mentre aumenta ilricorso al lavoro irregolare (12,1%).

Per il 94% degli intervistati, la crisi ha cambiato ilmodo di vivere riducendo i consumi (62,3%) e aumentando ilbisogno di chiedere un prestito (14%).

Inoltre, quasi un immigrato su due pensa di dover affrontareuna nuova migrazione. Preso atto dello stato in cui versanogli immigrati, le prospettive non sembrano essere migliori.

Solo il 2,3% degli intervistati ha dichiarato che non e’spaventato dalla crisi, vittime della grande paura di perdereo non trovare lavoro (80%). Numeri che mettono da parte iltema dei diritti e dell’integrazione. Circa il 10% dellerisposte riguarda il timore di diventare piu’ ricattabili equindi far valer meno i propri diritti, cosi’ come poco menodel 10% delle risposte indicano il timore di unarecrudescenza del razzismo o della xenofobia.

”Questi dati non solo sono gravi e significativi perquanto riguarda la condizione dei migranti – ha detto Fammoni- ma anche perche’ in controluce mostrano un sistemaproduttivo arretrato”. Uscire da questo ”scivolamentoinesorabile verso ulteriore poverta”’, per Lamonica, e’possibile attraverso ”politiche generali che affrontinodavvero il tema del lavoro e dell’occupazione e la necessita’di avviare una riflessione generale su come intervenire anchedal punto di vista normativo per impedire che crescaulteriormente il campo dell’economia sommersa e che glieffetti della crisi ci consegnino un paese privo di ognisperanza di futuro positivo”.

red/rus