Governo: scontro sui conti, Saccomanni pronto a dimettersi

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(askanews) – Roma, 23 set – Scoppia il caso Fabrizio Saccomanni nel governo. Il responsabile dell’Economia coglie l’occasione della sua partecipazione al raduno annuale dell’Anfi (Associazione nazionale finanzieri d’Italia) a Chianciano Terme per dichiarare: ”Il ministro fa il suo dovere, ma credo sia arrivato il momento per fare un dibattito sereno e pacato sui conti dello Stato. Gli italiani credo meritino di sapere esattamente come stanno le cose e non soltanto slogan di carattere propagandistico”. Saccomanni aveva illustrato la sua posizione in un colloquio con Ferruccio de Bortoli, direttore del ”Corriere della Sera”, pubblicato nella stessa giornata di ieri: ”Dobbiamo trovare subito 1,6 miliardi per rientrare di corsa nei limiti del 3%. Poi si dovra’ concordare una tregua su Iva e Imu, rinviando la questione al 2014 con la legge di stabilita’ che va presentata entro il 15 ottobre”. Il ministro, nel corso del colloquio, si dichiara disposto a dimettersi dal governo, se non si rispetteranno gli impegni europei. Secondo Saccomanni, occorre agire subito augurandosi che l’effetto sui tassi d’interesse sia positivo in modo da far terminare l’anno con un dato del deficit inferiore al 3% per restare nel tetto indicato dall’ Europa. L’obiettivo sarebbe ottenibile con una serie di nuove privatizzazioni e la rivalutazione delle quote della Banca d’Italia attualmente a bilancio degli istituti che ne detengono il capitale per cifre considerate irrisorie. Senza queste operazioni e’ inutile parlare si riduzione delle tasse e del cuneo fiscale, dice il ministro. Saccomanni e’ pessimista pure sulla possibilita’ che si possa rinviare l’ aumento di un punto dell’Iva, da qui il suo auspicio affinche’ si consolidi la stabilita’ di governo: ”Nemmeno se aumentassimo la benzina di 15 centesimi riusciremmo a incassare l’equivalente. Ma io non mi metto alla disperata ricerca di un miliardo, se poi a febbraio si va a votare. Tutto inutile se una campagna elettorale e’ gia’ iniziata”. Da palazzo Chigi si precisa che Enrico Letta – oggi in Canada, mercoledi’ a New York dove parlera’ all’Onu – ha espresso a Saccomanni ”vicinanza e piena sintonia”. Il premier si sarebbe detto convinto che sono percorribili soluzioni economiche per quanto riguarda Iva e debito pubblico a condizione che non continuino gli ultimatum politici al governo. Il commento di Renato Brunetta, capogruppo del Pdl alla Camera, arriva dai microfoni di ”In mezz’ora” sui Raitre: ”Siamo tutti con Letta e il governo. L’Iva non va aumentata. Saccomanni non si dimettera’. Ma ha detto che se ci sono le elezioni anticipate non vale la pena di trovare i soldi, se invece non si va al voto anticipato trova i soldi. E’ una scivolata molto negativa da parte di un ministro tecnico. Che ne sa lui delle elezioni anticipate? Non e’ a capo di un partito, non e’ a capo di niente. Faccia il tecnico e non il politico”. Brunetta ribadisce la posizione del suo partito sui provvedimenti economici: ”L’Iva non aumentera’ a ottobre, novembre, dicembre. Cosi’ come non ci sara’ da pagare la seconda rata dell’Imu perche’ sara’ coperta. Questo per rasserenare, perche’ l’incertezza fa male all’economia”. Al capogruppo del Pdl replica su Sky Stefano Fassina, Pd, viceministro dell’Economia: ”Mi risulta che il ministro Saccomanni sia molto preoccupato rispetto alla situazione della finanza pubblica e alla demagogia che segna una parte della maggioranza. Non vogliamo l’aumento dell’Iva, siamo convinti che vada evitato, ma bisogna fare delle scelte”. Fassina avanza una proposta: ”Se solo il 10% continua a pagare l’Imu, e’ possibile evitare l’aumento dell’Iva”. Quanto alla prospettiva di elezioni in tempi brevi, spiega: ”Se si andasse a votare a marzo, rischieremmo il commissariamento della troika. Chi auspica elezioni non e’ consapevole delle conseguenze”. Un ammonimento al ministro dell’Economia arriva da una dichiarazione di Fabrizio Cicchitto, Pdl: ”Saccomanni crea un bel problema, se pretende di diventare da ministro tecnico dell’economia il vero presidente del Consiglio, surrogando Letta, mettendo in mora Alfano e poi dichiarando una sorta di sciopero politico rifiutandosi di mettersi alla ricerca di un miliardo di euro motivandolo con il rischio di un voto a febbraio”. L’assenza di Letta da palazzo Chigi potrebbe favorire la tregua e rinviare la resa dei conti alla formulazione della legge di stabilita’. gar/cam