Pd: a che punto e’ la notte? Verso (all’alba) l’arrivo di Renzi

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(askanews) – Roma, 20 giu – ”Nessuna notizia? E’ gia’ una buonanotizia!”. Cosi’ si e’ potuto sentire recentementecommentare nel Transatlantico di Montecitorio, da unesponente democratico di lungo corso, la situazione del Pd.

Erano giorni in cui il partito non era al centrodell’attenzione mediatica, ma la considerazione non vale soloper il contingente quotidiano, per il gossip e il retroscena,vale piu’ in profondo.

Non si puo’ certo negare l’esistenza di un mondoirrequieto fatto di battute polemiche, di sospettiincrociati, di sgomitate in corsa, di contrapposizionicorrentizie, tuttavia questo non esaudisce l’universopolitico in cui gravita il Partito Democratico.

Dire oggi a che punto e’ (la notte?) del Pd, il suo statodi salute, e’ obbiettivamente abbastanza difficile. Larisposta deve tenere conto di diversi fattori solitamentelasciati in ombra dalla rappresentazione della sceneggiaturadi un incrocio di polemiche piu’ o meno personali.

Va anzitutto chiarito che il Pd cosi’ come e’ rappresentatodai media in costante ricerca di scoop, dove per scoop sicontrabbandano perfino banali dichiarazioni, ma ”inesclusiva”, e’ solo una parte -pure piccola- della realta’politica di questo partito. Un partito che -va riconosciutouna volta per tutte- e’ articolato (non necessariamentediviso) in correnti. Questa parola negata, temuta edesorcizzata, a ben vedere ha una sua valenza positiva: e’nelle correnti infatti che si e’ realizzata maggiormentequella ”mescola” tra le diverse anime e tradizionipolitico-culturali che hanno dato vita al ”partito nuovo” eindicato come obiettivo di fondo da realizzare per dotare ilnascente partito di un carattere proprio. E’ un fatto che inqueste correnti, in modo trasversale, si sono riunitipersonaggi espressione di quelle diverse culture politiche damescolare ed amalgamare.

E’ riconoscendo l’esistenza delle correnti, aperte e nonrigide a garanzia che la personalizzazione e’ un ruolo dileadership e non una baronia, che il partito nonostante lecritiche nostalgiche o neotalebane, puo’ trovare forza evitalita’. Fatte le debite differenze storiche (ma ancheetiche) e’ un po’ quello che avvenne nella Dc che dellecorrenti ne fece un carburante per vivere e governare per 50anni! Va chiarito subito che le correnti intese comeaggregazioni di orientamento politico ma anche comerappresentanza di interessi territoriali e nazionali nondevono degenerare in corporazioni o lobby altrimenti siarriva ad una degenerazione, quella che porto al declinodella Dc.

Al di la’ delle correnti -fino ad oggi si preferiscepudicamente parlare di ”aree”- qual e’ il collante delpartito, il carattere e il colore dell’amalgama? Non puo’ cheessere l’idea di fondo di societa’ e in particolare delloStato sociale, del welfare state. E’ su questo punto chenonostante le divisioni contingenti si realizza l’unita’ el’dentita’ del Partito Democratico. E’ anche la faglia chedivide dall’altro mondo quello del liberismo predicato eperseguito anche con brutalita’ dalla destra di Berlusconi,come hanno dimostrato i suoi governi.

Questo e’ il quadro, il fondale, su cui si inserira’ ilcongresso che probabilmente segnera’ uno stacco nella vitapolitica del Pd. Se alla luce dei riferimenti di fondo, delflusso della politica le polemiche e le contrapposizioniquotidiane appaiono come un agitarsi un po’ vano e comunqueminore rispetto alla reale posta in gioco: il governo delPaese e la qualita’ della politica.

Va anzitutto preso in considerazione che e’ in atto uncambio generazionale. Questo vuol dire che al congresso (maanche nella sua preparazione) peseranno i giovani, le newentry come si usa dire. Non che il nuovo sia di per se’sempre positivo, ma certo indica l’esistenza di una forza diricambio, di sviluppo, di vita politica che continua. E’altrettanto certo che questo nuovo puo’ essere acerbo etentato dalla sola logica di potere, piccolo o grande chesia. Una tentazione che mette a rischio serieta’ e valoripolitici: e’ quello -si dice- che in parte avrebbe alimentatoi 101 sabotatori della candidatura di Romano Prodi alQuirinale.

Nonostante le riserve di molti ”anziani” e’ in atto (manon solo nel Pd) una personalizzazione della politica. Questoe’ oggettivamente un punto importante che dovra’ essereaffrontato dal congresso. Se e’ vero che non si puo’programmare ”un uomo solo al comando” , e’ altrettanto veroche l’evoluzione politica, e non solo italiana, va verso unrafforzamento delle leaderhip come risposta (di relativasemplificazione) alla complessita’ di una societa’postindustriale e globalizzata dominata da un’economie e unafinanza con sempre piu’ marcate pretese egemoniche.

Di questa strada si arriva al nodo del governo che deveavere necessariamente un chiarimento in sede congressuale. E’il tema delle riforme. Si vuole ancora una strutturaparlamentare classica (anche se monocamerale) o si avra’ ilcoraggio di andar oltre verso una repubblica”neoparlamentare” con un deciso rafforzamento di poteri delgoverno verso quella ”democrazia decidente” che si avvalepero’ (sia con governo del premier o di semipresidenzialismo)di un rafforzamento delle garanzie e dei poteri di indirizzodel parlamento.

Questo in sommi capi il quadro di problemi che sonopresenti in (quasi)tutti i democratici sulla via delcongresso. E’ in questo quadro che si inseriscono e hannosenso le contrapposizioni (anche psicologiche) tra un Bersanie una Bindi da una parte e un Renzi dall’altra. Unacontrapposizione che si evidenzia su punti delicati comequello del regolamento congressuale con la norma inparticolare che preveda o meno lo sdoppiamento del ruolo disegretario del partito e di candidato premier. Non e’ cosa dipoco conto visto che il punto investe anche l’attuale governodi Enrico Letta. Se renzi dovesse per ipotesi essere elettosegretario e per questo anche futuro candidato premier e’indubbio che se non si tagliano, almeno si spuntano le ali aLetta come premier.

A ben vedere il compito a cui e’ chiamato il congressosara’ un po’ come quello del mitico barcaiolo che deveportare sull’altra riva un lupo, una capra e un cavolo, manon tuti assieme. Un rebus da risolvere per evitare che ci simangi l’uno con l’altro. A semplificare le cose, nonostantele candidature annunciate o quasi (Cuperlo, Bersaniattraverso Rossi, forse lo stesso Epifani e in ultimo, perora, Bettini) c’e’ da ammettere che la sola candidatura fortecon valenza di leadership nazionale e’ quella di MatteoRenzi. Alternative all’orizzonte non se ne vedono. Forse e’per questo che su Renzi si re gistra un avvicinamentoconcentrico di vecchi rivali (tra loro) come D’Alema,Veltroni, Franceschini.

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