Governo: Pd, piu’ no che si’ a proposta D’Alema su intesa con Pdl e M5S

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(askanews) – Roma, 28 feb – Non e’ stata gradita dal gruppodirigente bersaniano l’intervista rilasciata da MassimoD’Alema che compare oggi sul ”Corriere della Sera”, nellaquale si fa balenare l’ipotesi di un governo fondato sulpatto tra i tre maggiori partiti, Pd-Pdl-M5S. L’ex premier,per sbloccare la situazione, propone che le presidenze delleCamere vengano affidate a esponenti del Pdl (Senato) e delM5S (Camera). A esprimere il malumore dei bersaniani e’ NicoStumpo, neo deputato, responsabile organizzativo del partito:”Il Pd e’ contrario a ogni forma di governissimo”. PrecisaStumpo: ”Porteremo in Parlamento le nostre proposte dicambiamento: lotta alla corruzione, taglio parlamentari,proposte sul lavoro. Chi non vorra’ assumersi laresponsabilita’, lo fara’ davanti al paese”.

Candidato a guidare l’esecutivo resta ufficialmente PierLuigi Bersani, qualora riceva l’incarico dopo leconsultazioni del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

Questa e’ la posizione pure di Nichi Vendola, leader di Sel,candidatosi a fare da ambasciatore verso i grillini conl’obiettivo di convincerli a una intesa limitata con ilcentrosinistra.

D’Alema aveva invece schizzato l’idea di una legislaturacostituente ”con un’assunzione di responsabilita’ da partedelle forze principali, innanzitutto Movimento 5 stelle,centrodestra e noi”. A guidare questo governo, secondo ilpresidente del Copasir, dovrebbe essere un esponente del”partito che ha la maggioranza relativa al Senato e quellaassoluta alla Camera. E che ha espresso come candidatopremier Bersani”. Questa idea non e’ piaciuta neppure aPasquale Laurito, alias ”Velina Rossa”, in altre fasidalemiano doc. Altri hanno interpretato il contenutodell’intervista di D’Alema come una autocandidatura alQuirinale: chi meglio di lui puo’ assicurare quel ruolo superpartes come ai tempi della sua presidenza della commissioneBicamerale sulle riforme istituzionali?.

Intanto sembra non decollare l’ipotesi dell’ala renzianadel Pd (Paolo Gentiloni, Ivan Scalfarotto, Giorgio Tonini)che in alcune dichiarazioni ha detto di privilegiarel’ipotesi di un ”governo del presidente” rispetto a quelladi un ”governo di scopo” presideduto da Bersani. In questigiorni era emerso il nome di Giuliano Amato come possibilepremier che incarnasse questa soluzione, ma lui stesso hasmentito oggi questa soluzione con un editoriale su”l’Unita”’ dal titolo ”L’unica soluzione e’ l’incarico achi e’ primo”, indicando quindi un governo di minoranza.

Dice Gentiloni: ”Siamo disposti a ragionare con forzediverse, dal mio punto di vista e’ difficile che questo sitraduca in un governo Bersani-Grillo, perche’ il M5S nonsembra avere intenzione di dare la fiducia. Sono convinto checon il M5S ci siano punti di contatto su molte cose ma dubitoche loro ci diano la fiducia. Eviterei di fare un’ipotesi algiorno, si rischia di bruciare quelle poche carte cheNapolitano ha in mano”. Allo stato delle cose, resta pero’difficile prevedere come la saggezza politica del presidentedella Repubblica possa sbrogliare la matassa. L’unicacertezza e’ che non si puo’ tornare alle urne prima che siaeletto il nuovo capo dello Stato e si concluda il ”semestrebianco”.

Resta minoritaria nel Pd, almeno finora, la terzapossibilita’ in campo: quella dell’accoglimento dellaproposta avanzata ieri da Silvio Berlusconi di un governissmoche assicuri la governabilita’ (secondo qualcheindiscrezione, non dispiacebbe ai veltroniani anche se siattende una presa di posizione ufficiale dello stesso WalterVeltroni). Nel partito di Bersani c’e’ la convinzione che unpatto Pd-Pdl farebbe solo il gioco di Beppe Grillo, che inuna intervista all’emittente britannica ”Bbc” ha ribaditodi prevedere l’inciucio tra i due partiti. La tesi a favoredel governissimo si basa tuttavia sulla convinzione che se siandasse troppo presto al voto, e per giunta con la leggeelettorale in vigore, ci sarebbe il rischio della possibilevittoria dei grillini con effetti imprevedibili sulleistituzioni.

Superato lo shock iniziale per il deludente risultatoelettorale, nel Pd si profila quindi un dibattito a tuttocampo a iniziare da martedi’ 5 marzo, quando si riunira’ laDirezione per discutere del voto e delle prospettive digovernabilita’. Si sussurra nella sede di piazza delNazareno: o Bersani riesce a guadagnarsi rapidamente PalazzoChigi o rischia di doversi dimettere in tempi brevi dasegretario del Pd non appena il confronto sara’ meno piegatosulla contingenza politica. In caso di nuove elezioni entrola fine dell’anno, sono in pochi a scommettere che sara’ancora Bersani a guidare il centrosinistra. I nomi chepotrebbero scendere in campo si restringono a due: MatteoRenzi, sindaco di Firenze, o Fabrizio Barca, attuale ministrodella Coesione territoriale.

gar/vlm