Elezioni: nel 2006 stallo al Senato e governo Prodi regge solo due anni

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(askanews) – Roma, 23 feb – Le elezioni politiche del 2006, che videro vincente sul filo di lana l’Unione di Romano Prodi sulla Cdl guidata da Silvio Berlusconi, verranno ricordate come quelle del ‘quasi pareggio’, dell”Italia divisa in due’. Ancora, verranno ricordate – rammentando quanto sostenuto da Berlusconi all’indomani dello spoglio delle schede – come quelle dei brogli e della richiesta di riconteggio dei voti. L’11 febbraio 2006 il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, firma il decreto di scioglimento delle Camere mettendo anticipatamente la parola fine al governo guidato da Berlusconi. Un governo sviluppatosi in due fasi: Berlusconi 2 (il primo il Cavaliere lo guido’ nel 1994-1995), dal maggio 2001 all’aprile 2005, e Berlusconi 3 fino al febbraio 2006. Una coalizione, quella guidata da Berlusconi, che arriva esausta al termine della legislatura, senza essersi ripresa dalla pesante sconfitta alle regionali del 2005, dove i suoi candidati furono sconfitti in 11 regioni su 13. I rapporti tra Udc, An e Lega Nord non andavano piu’ bene mentre si rafforzava in prospettiva elettorale l’Unione di Prodi, incoronato candidato premier per il centrosinistra dalle primarie svolte sempre nel 2005. I due schieramenti si presentarono alle urne il 28 aprile 2006 e il centrodestra sembrava essere destinato a sicura e larga sconfitta. Anche se Berlusconi, per la verita’ non molto creduto dagli avversari, continuava a dire che la sua formazione stava recuperando punti su punti sulla squadra prodiana. Questo alla fine il risultato alla Camera: per la Cdl 18 milioni 977.843 voti, per l’Unione 19 milioni 002.598 voti. Una vittoria di Romano Prodi per il rotto della cuffia, con solo 25mila voti in piu’. Uno scarto che si ribaltava addirittura al Senato, con l’Unione che raccoglieva 16 milioni 725.401 voti contro i 17 milioni 153.978 della Casa delle Liberta’. Un risultato, questo del Senato, che applicato secondo i criteri della legge elettorale (sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza regionale), provochera’ confusione e ingovernabilita’ fino ad arrivare allo scioglimento anticipato delle Camere nel 2008. Se a Montecitorio i seggi assegnati all’Unione saranno, proprio per gli effetti del premio di maggioranza previsto dalla legge, 340, ai quali vanno aggiunti 8 eletti all’estero, e quelli alla Cdl 277 (piu’ 4 eletti all’estero) – un quadro in grado di garantire una navigazione parlamentare relativamente tranquilla – piu’ delicata e’ la situazione al Senato. Per effetto del meccanismo previsto dal Porcellum, l’Unione, con il 48,96% dei voti raggiunge (con l’aggiunta degli eletti all’estero e in Trentino Alto Adige) 158 seggi mentre la Cdl, nonostante il 50,22% dei consensi, raccoglie complessivamente 156 seggi. A questi si devono aggiungere i 7 senatori a vita, in teoria indipendenti. E proprio su di loro infatti si riverseranno le attenzioni dei due schieramenti per conquistare la maggioranza nelle votazioni. Una legge, quella con cui si e’ votato nel 2006 (ma anche nel 2008) e con la quale si votera’ domenica e lunedi’, che non riesce evidentemente a tradurre in Parlamento le indicazioni che arrivano dalle urne. Soprattutto se il risultato e’ come quello avuto sette anni fa. L’esiguita’ dello scarto tra le due formazioni e le novita’ che vennero introdotte nella legge elettorale, alle quali si aggiunse il voto degli italiani all’estero, fornirono l’occasione per contestazioni, accuse di brogli. Una situazione che porto’ l’allora premier uscente Berlusconi a contestare la validita’ del voto, a chiedere un riconteggio dei voti, in particolare di quel milione di voti non validi. E l’attenzione si concentro’, da parte della Cdl, soprattutto su quelle oltre 40 mila schede contestate. Un numero in grado di modificare il risultato alla Camera. Dopo una serie di verifiche il ministero dell’Interno ammise l’esistenza di un errore materiale e ridimensiono’ il numero delle schede contestate, portandole a poche migliaia e quindi ininfluenti sull’esito del voto. Una consultazione che si e’ trascinata dietro veleni e polemiche, con Berlusconi che ha tentato fino all’ultimo momento utile di far ricontare le schede. Una consultazione che con i suoi numeri, le sue incertezze (dettate, oltre che dal Porcellum, anche da una non convincente normativa per il voto all’estero) non e’ riuscita a dare agli italiani quello chiedono ad ogni elezione politica: un Parlamento forte, con una maggioranza solida e in grado di sostenere il governo nella sua azione a favore del Paese. fdv/vlm