La Santa Sede frena il Sinodo tedesco: niente fughe in avanti

Negli ultimi giorni le critiche al catechismo sull'omosessualità

LUG 21, 2022 -

Chiesa Città del Vaticano, 21 lug. (askanews) – Con una irrituale “dichiarazione” la Santa Sede interviene (nuovamente) sul percorso sinodale in corso nella Chiesa cattolica tedesca per avvertire che “non sarebbe lecito avviare nelle diocesi, prima di un’intesa concordata a livello di Chiesa universale, nuove strutture ufficiali o dottrine, che rappresenterebbero una ferita alla comunione ecclesiale e una minaccia all’unità della Chiesa” ed auspicare che le proposte tedesche “confluiscano nel percorso sinodale che sta percorrendo la Chiesa universale”. Avviato dall’allora arcivescovo di Monaco Reinhard Marx durante l’Avvento del 2019, questo processo riformatore andrà avanti fino alla primavera del 2023 (9-11 marzo). Quattro gli ambiti affrontati in altrettanti forum: “autorità, partecipazione e separazione dei poteri”, “morale sessuale”, “forma di vita presbiterale” (e dunque anche celibato obbligatorio) e “donne nei ministeri e negli uffici della Chiesa”. Già alla prossima assemblea (8-10 settembre) verranno votate in seconda lettura, e dunque approvate, alcune “risoluzioni”: serve l’approvazione dei due terzi dell’assemblea, composta da vescovi e laici, e quella dei due terzi dei soli vescovi. Non solo: quello tedesco, intrecciato ma autonomo rispetto al sinodo globale convocato dal papa (2021-2023), non potrà esprimersi su questioni che riguardano la Chiesa universale: sui temi che toccano il magistero potrà al più “trasmettere alla Sede apostolica” le proprie risoluzioni sotto forma di richiesta. Il percorso sinodale tedesco ha comunque suscitato inquietudine, a Roma e non solo. Fin da subito il prefetto della congregazione vaticana dei Vescovi, Marc Ouellet, e il presidente del pontificio consiglio dei Testi legislativi, mons. Filippo Iannone, avevano inviato a Marx due lettere dalle quali traspirava apprensione. “Come può una Chiesa particolare deliberare in modo vincolante se i temi affrontati riguarderanno l’intera Chiesa?”, domandava Iannone. “La conferenza episcopale non può dare effetto legale alle risoluzioni, ciò è al di fuori delle sue competenze”. Secondo il presidente dei Testi legislativi, “la sinodalità nella Chiesa, alla quale Papa Francesco fa frequente riferimento, non è sinonimo di democrazia o di decisioni a maggioranza” perché “spetta al Pontefice presentare i risultati”. Il papa in persona, che privatamente, con singoli vescovi, si è detto “un po’ preoccupato” per l’andazzo tedesco, aveva scritto una lettera al popolo di Dio che è in Germania, nel giugno 2019, con la quale hiedeva di evitare “la ricerca di risultati immediati che generino conseguenze rapide e mediatiche, ma effimere per mancanza di maturazione o perché non rispondono alla vocazione alla quale siamo chiamati”. Negli ultimi mesi, poi, hanno criticato il presidente della conferenza episcopale tedesca, Georg Baetzing, i vescovi polacchi, scandinavi, diversi vescovi statunitensi, ma anche i cardinali Walter Kasper, tedesco, e Christoph Schoenborn, austriaco, hanno messo in guardia dal rischio di un’agenda troppo progressista. Bergoglio in persona ha dato l’ennesima sferzata nel corso di un recente incontro con i direttori delle riviste gesuite: “In Germania c’è una Chiesa evangelica molto buona. Non ce ne vogliono due”. In Germania, però, il dibattito ferve. Dai partecipanti al sinodo fioccano proposte, e non mancano posizioni forti come l’ipotesi di abolire il celibato obbligatorio, il sacerdozio femminile, la benedizione delle coppie omosessuali. Una ipotesi, quest’ultima, che già nei mesi scorsi ha visto contrapporsi un pezzo di cattolicesimo mitteleuropeo con Roma. Nel marzo 2021, infatti, la congregazione per la Dottrina della fede aveva risposto con un “responsum” negativo ad un “dubium”, proveniente dalla Germania, circa la legittimità di benedire in Chiesa coppie conviventi dello stesso sesso. Dalla Germania, ma anche dall’Austria, dalla Svizzera e nei settori progressisti di altri paesi, era emerso in seno alla Chiesa un vocale dissenso. Negli ultimi giorni la questione dell’omosessualità è tornata a tenere banco nella Chiesa tedesca. Se nelle scorse settimane il cardinale Marx in persona ha prospettato la possibilità di cambiare il catechismo ed ha celebrato messa con la comunità lgbtq+ di Monaco di Baviera, e l’arcivescovo di Berlino Heiner Koch ha chiesto pubblicamente scusa agli omosessuali cattolici per le discriminazioni che hanno subito nel corso del tempo, pochi giorni fa il segretario generale del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (il Zentralkiotee der deutschen Katholiken è organizzatore, insieme alla conferenza episcopale tedesca, del percorso sinodale), Marc Frings, ha espresso l’auspicio che le discussioni in corso forniscano un importante impulso per un “riadattamento” dell’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità, ed ha detto che il percorso sinodale è “un annuncio consapevole contro il catechismo cattolico, che è stato critico nei confronti dell’omosessualità dalla metà degli anni ’70, degradandolo e accusandolo di peccato”. Parole che non sono passate inosservate tanto più che Frings le ha scritte in un articolo ospite del blog lgbtq+ cattolico statunitense “Outreach” gestita dai gesuiti statunitensi della rivista America, tra di loro padre James Martin, sacerdote molto impegnato nella pastorale con le persone omosessuali e che papa Francesco personalmente ha incoraggiato in passato. Sarebbe questa la goccia che ha fatto traboccare il vaso a Roma. Le parole di Frings sono state criticate dalla galassia conservatrice. E’ serpeggiato il dubbio che fossero attribuibili, indirettamente al papa. Ma se Francesco ha fatto notevoli aperture, è anche, da sempre, preoccupato di tenere unita la Chiesa. Ha promosso un dibattito sui temi della bioetica (basti pensare al doppio sinodo sulla famiglia e, da ultimo, ad un convegno organizzato in Vaticano dalla Pontificia accademia per la vita che ha aperto al ricorso ai contraccettivi artificiali), ma vuole – lo ha già detto al presidente della conferenza episcopale tedesca Gerog Baetzing – che la Chiesa tutta, impegnata in questi anni in un sinodo globale, proceda confrontandosi, senza frenate nostalgiche né fughe in avanti. Se passi avanti possono essere compiuti, insomma, non possono essere a discapito dell’unità ecclesiale. Va letta in quest’ottica la “dichiarazione della Santa Sede” pubblicata oggi dal Vaticano: già la dizione fa supporre che sia stato direttamente il papa a volere questa pubblicazione. “Per tutelare la libertà del popolo di Dio e l’esercizio del ministero episcopale, pare necessario precisare che il ‘Cammino sinodale’ in Germania non ha facoltà di obbligare i Vescovi ed i fedeli ad assumere nuovi modi di governo e nuove impostazioni di dottrina e di morale”, vi si legge. “Non sarebbe lecito avviare nelle diocesi, prima di un’intesa concordata a livello di Chiesa universale, nuove strutture ufficiali o dottrine, che rappresenterebbero una ferita alla comunione ecclesiale e una minaccia all’unità della Chiesa. Come ricordava il Santo Padre nella lettera al popolo di Dio che è in cammino in Germania: «La Chiesa universale vive in e delle Chiese particolari, così come le Chiese particolari vivono e fioriscono in e dalla Chiesa universale, e se si ritrovano separate dall’intero corpo ecclesiale, si debilitano, marciscono e muoiono. Da qui il bisogno di mantenere sempre viva ed effettiva la comunione con tutto il corpo della Chiesa’. Pertanto si auspica che le proposte del Cammino delle Chiese particolari in Germania confluiscano nel percorso sinodale che sta percorrendo la Chiesa universale, per un reciproco arricchimento – conclude la “nota della Santa Sede” – e una testimonianza di quella unità con la quale il corpo della Chiesa manifesta la sua fedeltà a Cristo Signore”.