Il risiko dei vaccini, Pechino e Mosca giocano la loro partita

Russia e Cina nel gioco della geopolitica del Covid

GEN 18, 2021 -

Roma, 18 gen. (askanews) – Quello dei vaccini contro il Covid-19 non è solo un fronte sanitario, logistico e industriale, ma anche geopolitico. E i primi ad averlo capito sembrano essere proprio le uniche alternative sul mercato alle major farmaceutiche occidentali, cioè quella della Cina e della Russia.

In particolare, la forte irritazione di diversi paesi europei dopo che la fornitura del vaccino Pfizer BioNTech, il primo a essere accettato dall’ente regolatorio europeo Ema, ha subito una dilazione annunciata all’ultimo istante, mette in luce il ruolo che i concorrenti russo e cinesi finora non troppo considerati possono avere.

E il Global Times, testata della galassia informativa del Partito comunista cinese, oggi fa notare con una certa soddisfazione come l’Ungheria stia chiedendo un’approvazione dall’agenzia del farmaco nazionale per il vaccino prodotto da Sinopharm in emergenza. Anche perché il governo guidato da Viktor Orban, che da tempo appare particolarmente sensibile alle istanze della Cina, ha raggiunto un accordo con la compagnia cinese.

Il vaccino cinese della Sinovac, conosciuto come CoronaVac, dal canto suo, è oggi l’unico usato nel Brasile guidato da Jair Bolsonaro, anche perché l’altro vaccino approvato da Brasili – quello sviluppato da AstraZeneca – non è ancora arrivato a causa di un ritardo nella fornitura.

Pechino sta puntando molto su una serie di paesi anche importanti, ma marginali nella corsa al vaccino. Ne ha già spediti a Indonesia, Perù, Filippine, Pakistan e Serbia. Altro punti focali della diplomazia del vaccino cinese è poi il Medio Oriente e l’Africa setentrionale: Bahrein, Emirati arabi uniti Egitto sono tra i paesi che hanno firmato accordi con Sinopharm o Sinovac.

Dal canto suo la Russia ha il suo vaccino Sputnik V e, tra i paesi oggetto di forniture, vanno segnalati Algeria, Argentina, Arabia saudita e ancora il Brasile.

Pechino e Mosca ribadiscono in ogni sede la bontà dei loro prodotti, ma in Occidente ci sono sospetti suscitati dal gatto che né l’Istituto russo Gamaleya, né i cinesi Sinopharm e Sinovac hanno pubblicato tutti i dati relativi ai loro prodotti, spiega in un articolo il Financial Times.

Tuttavia il problema è che sulla vicenda dei vaccini si gioca una partita politica importantissima, come ha segnalato lo stesso direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyes, per il quale è a rischio una distribuzione equa dei vaccini. Il mondo – ha detto Tedros – è sull’orlo di “un catastrofico fallimento morale” a causa dell’egoismo dei paesi ricchi.

Tedros nei giorni scorsi ha chiesto ai Paesi ricchi di smettere di fare accordi bilaterali con le società farmaceutiche perché danneggiano l’iniziativa promossa dall’Onu di garantire che anche i Paesi poveri abbiano i vaccini. Questo comportamento “potenzialmente alza il prezzo per tutti e significa che le persone più a rischio nei paesi più poveri e più marginalizzati non avranno il vaccino” ha detto Tedros qualche giorno fa.

Proprio su questo fronte Pechino si propone come campione delle forniture eque. Il Global Times ricorda, per esempio, che il Canada ha “ordinato abbastanza vaccini per proteggere ogni canadese cinque volte” e che il presidente uscente Donald Trump a dicembre ha firmato un ordine esecutivo che dà priorità alla fornitura per gli americani dei vaccini. “La Cina – scrive il GT – è pronta ad aiutare più paesi che dipendano da paesi occidentali che danno priorità esclusivamente ai loro mercati interni”.

Restano tuttavia dubbi sui dati di efficacia di questi vaccini. Per esempio, il vaccino cinese di Sinovac è stato valutato efficace al 91,3 per cento in Turchia, al 65 per cento in Indonesia e al 50,4 per cento in Brasile. Sempre in Brasile, l’autorità regolatoria non ha dato il via libera all’uso in emergenza del vaccino russo, perché ancora non ha a disposizione gli esiti della sperimentazione di fase III. Mosca, dal canto suo, ha precisato che questo non vuol dire una bocciatura.