Vertice Ue, nessuna decisione ma una svolta sulla Brexit

I 27 restano compatti; Londra delusa, sperava constrasti su pesca

OTT 16, 2020 -

Bruxelles, 16 ott. (askanews) – Il Consiglio europeo che si è svolto ieri e oggi a Bruxelles non ha preso, come era scontato, decisioni formali importanti, ma ha segnato senza dubbio una vistosa svolta almeno in un ambito: i negoziati sulle relazioni future con il Regno Unito dopo la Brexit.

La svolta sulla Brexit è tangibile soprattutto nel tono dei leader europei, diventato più duro e determinato, così come nel loro atteggiamento, rimasto assolutamente compatto; a dimostrazione che non ha funzionato la tattica divisiva britannica, volta a strumentalizzare la questione della pesca per creare una frattura nella posizione negoziale unitaria dei ventisette, magistralmente difesa dal negoziatore capo Michel Barnier.

A questo punto è chiaro, in primis al capo negoziatore britannico David Frost e al premier Boris Johnson, che i ventisette sono pronti a un “no-deal” piuttosto che accettare un “bad deal”, un cattivo accordo riguardo a ciascuno dei tre punti su cui le divergenze sono rimaste finora incolmabili: oltre alla pesca, le “pari condizioni” (il “level playing field”) per quanto riguarda le norme del mercato unico, concorrenza e aiuti di stato, e poi la “governance”, ovvero il meccanismo di risoluzione di eventuali controversie nell’attuazione degli eventuali accordi futuri. Deludendo le aspettative britanniche, tutti gli stati membri, compresi i tre più esposti all’impatto negativo di un no-deal (Irlanda, Belgio e Olanda), hanno sottoscritto questa posizione.

Per sottolineare questa nuova fermezza e determinazione, i ventisette hanno persino concordato di eliminare una parola importante che era presente nella bozza delle conclusioni del consiglio: l’invito a Barnier a continuare i negoziati non specifica più, nella versione finale delle conclusioni, “in modo intensivo”. E’ un altro modo di dire che si vuole l’accordo, ma “non a qualunque prezzo”, come hanno ripetuto nei giorni scorsi tutti i leader europei, e che l’avvicinarsi della scadenza (quella “soft” di metà novembre, al massimo, per chiudere le trattative, e quella “hard” del 31 dicembre per l’uscita del Regno Unito dal mercato unico) non può giustificare un cedimento sui punti considerati non negoziabili.

Il sostegno unanime dei ventisette al mandato negoziale originario, che appariva abbastanza scontato a causa del suo valore strategico fondamentale, è stato rafforzato, a quanto pare, dalle argomentazioni convincenti che hanno fornito i due francesi presenti alla discussione del consiglio europeo, Michel Barnier e il presidente Emmanuel Macron, per spiegare perché è essenziale non cedere su nessuno dei tre nodi fondamentali, e in particolare sulla pesca. Che non è solo una questione di solidarietà degli altri paesi nei confronti della Francia e degli altri sette-otto paesi interessati all’accesso alle acque britanniche, ma un punto di principio giusto, legittimo e importante quanto il “level playing field”.

Durante la sua conferenza stampa al termine del vertice, rispondendo a una giornalista che gli aveva chiesto come mai fosse disposto a lasciar “crollare per il pesce” un accordo commerciale di questa importanza, Macron è stato chiarissimo. Questa, ha detto, è una “intossicazione informativa”. “In questo negoziato non è sulla pesca che stiamo inciampando, questo è l’argomento tattico usato dai britannici. Stiamo inciampando su tutto, tutto”.

“Oggi – ha spiegato Macron – il nostro primo e principale problema è quello delle regole per una concorrenza leale. La proposta che abbiamo fatto noi preserva l’unità del mercato unico, e corrisponde in parte all’accordo dell’Ue con la Svizzera: prevede l’accesso al mercato interno europeo in contropartita del rispetto delle nostre regole settoriali, sanitarie, ambientali, e sugli aiuti di Stato”.

“I britannici – ha osservato Macron -, a prescindere da quello che è stato loro raccontato durante il referendum, hanno bisogno del mercato unico europeo, sono molto più dipendenti da noi di quanto noi siamo dipendenti da loro. Ora, la proposta britannica sul tavolo oggi prevede l’accesso al mercato unico senza il rispetto delle sue regole. È inaccettabile: metteremmo il nostro mercato unico in una situazione impossibile, in un dumping permanente da parte britannica, in materia normativa, sociale, ambientale, senza poter rispondere”.

“Dunque – ha continuato il presidente francese – ci servono chiaramente delle regole molto chiare per l’individuazione del non rispetto di questo allineamento (alle norme del mercato unico, ndr), e delle regole che ci permettano di risolvere le controversie. C’è molto lavoro da fare, questa questione non è stata presa seriamente dall’altra parte della Manica, e me ne rammarico. Ma questo è il principale punto” del negoziato.

Quello della pesca, ha aggiunto Macron, “è un argomento usato tatticamente dai britannici. È il solo tema su cui Boris Johnson potrà dire che ha vinto, in caso di ‘no-deal’. Perché se non c’è accordo, i pescatori europei non avranno nessun accesso alle acque britanniche, per niente”.

“Un accordo – ha ricordato il presidente francese – dovrebbe definire le condizioni di accesso dei nostri pescatori alle acque britanniche. La situazione sarebbe la stessa di oggi? No, sicuramente. I pescatori lo sanno, e noi con loro, e dovremo sostenerli. Siamo pronti ad accettare un accordo Brexit che sacrifichi i nostri pescatori? No, sicuramente. E lo dico con chiarezza. Io – ha sottolineato – non intendo aiutare questo o quel settore economico (britannico, ndr) ad accedere al nostro mercato unico, e d’altra parte sacrificare i pescatori europei. Un accordo serio – ha puntualizzato – è un accordo che permetta di prevedere nella durata l’accesso dei nostri pescatori alle acque britanniche”, mentre l’unica offerta avanzata da Londra prevede delle quote di pesca per gli europei da rinegoziare ogni anno.

Macron ha poi spostato l’accento dalla questione della pesca a quella dei pescatori, dei lavoratori e delle piccole e medie imprese del settore.

Se il negoziato avanza, ha riconosciuto, “sappiamo che sarà necessario un compromesso sull’accesso” alle acque britanniche, “che sarà condizionato e forse costoso”, e quindi che non resteranno le condizioni attuali. Ma questo compromesso, ha rilevato che “dovrà garantire anche una durata prevedibile”; e questo vale, reciprocamente, anche per gli altri settori in cui si sta negoziando.

“Non si negozieranno ogni anno – ha osservato il presidente francese – le condizioni di accesso dei britannici al mercato unico europeo. E come loro chiedono prevedibilità, anche per noi è legittimo chiederlo, a giusto titolo. Non vedo perché i britannici vogliono trattare i nostri pescatori in modo diverso dai loro ‘trader’ o da altri settori. Si vuole rispetto reciproco, prevedibilità, accesso reciproco: negoziamo pure su questo, ma non con due categorie diverse. Se non ci sarà accordo sarà un fallimento e dovremo aiutare i nostri pescatori, ma un cattivo accordo – ha sottolineato – sarebbe peggio”.

“L’accesso di tutti i pescatori europei alle acque britanniche vale 750 milioni di euro, e quello dei britannici alle acque dei paesi Ue vale 150 milioni” all’anno, e se si riduce l’accesso dei primi si ridurrà simmetricamente anche quello degli altri, ma un mancato accordo, ha argomentato Macron, avrebbe effetti in molti altri settori. Per esempio, “oggi l’accesso dei britannici al nostro mercato unico dell’energia vale fra i 750 milioni e i 2,5 miliardi di euro”. Un ‘no-deal’, solo in questo settore, costerebbe almeno 1 miliardo all’anno al Regno Unito”. Un ‘no deal’, insomma, “sarebbe un ‘bad deal’ per i britannici”, ha concluso Macron.