Cambogia, morto Duch: fu il macellaio della prigione S-21

Un ex professore di matematica, meticoloso nel suo lavoro di morte

SET 2, 2020 -

Roma, 2 set. (askanews) – Duch, il comandante cambogiano della famigerata prigione della morte S-21 del regime di Pol Pot, è morto stamani in un ospedale di Phnom Penh dove era ricoverato. Lo riferisce il Guardian.

A 77 anni, l’ex capo di Tuol Sleng (altro nome con cui la struttura è conosciuta) in cui morirono almeno 14mila cambogiani, è stato il primo degli esponenti del regime dei Khmer rossi, responsabile tra il 1975 e il 1979 del genocidio in cui morirono circa 1,7 milioni di cambogiani, condannato da un tribunale.

Per Youk Chhang, direttore del Centro di documentazione della Cambogia, la sua morte “ricorda che la giustizia è lunga e difficile”, ma “forse ora potrà esserci qualche soddisfazione per chi è in vita e i caduti potranno riposare in pace”.

Duch nella sua prigione di Tuol Sleng guidò la tortura e l’uccisione di migliaia di persone – uomini, donne, bambini – arrestate e costrette a scrivere stucchevoli confessioni in cui confessavano presunti e falsi tradimenti, prima di essere portate ai campi di Choeung Ek, in cui venivano percossi con mazze fino alla morte. Le vittime venivano costrette anche a scavare le loro fosse.

Nel 2010 Duch è stato condannato per crimini contro l’umanità all’ergastolo da un tribunale appoggiato dall’Onu. Si era difeso sostenendo di essere un ufficiale di basso livello, costretto a ubbidire a ordini superiori, dopo che in un primo momento si era detto responsabile emotivamente e legalmente di quanto accaduto e aveva chiesto scusa ai sopravvissutie alle famiglie delle vittime.

Nato il 17 novembre 1942 in un villaggio a nord della capitale, Duch – il cui vero nome era Kaing Guek Eav – era stato un professore di matematica prima di unirsi ai Khmer rossi nel 1967. Questa caratteristica si rispecchiava anche nel modo in cui gestiva la fabbrica di morte: in maniera meticolosa e precisa, tanto da guadagnarsi l’ammirazione dei suoi superiori.

La prigione da lui guidata è nel centro di Phnom Penh ed è stata trasformata in un museo per ricordare la brutalità del regime di Pol Pot. Delle migliaia di persone che vi passatono, solo una decina è sopravvissuta.