A Beirut si scava ancora tra le macerie, in 300mila senza casa

Cento morti, più di 4mila feriti. Un centinaio i dispersi

AGO 5, 2020 -

Roma, 5 ago. (askanews) – I soccorritori libanesi continuano a scavare tra le macerie e a perlustrare il mare all’indomani della potente esplosione che ha devastato Beirut, capitale del Libano, in lutto nazionale per gli oltre 100 morti, 4.000 feriti e 100 dispersi. Il bilancio ancora provvisorio parla anche di circa 300.000 persone rimaste senza casa in città, per metà andata distrutta o danneggiata dalla deflagrazione avvenuta al porto e causata, secondo le autorità, da circa 2.750 tonnellate di nitrato d’ammonio presenti dal 2014 in un deposito. Al momento si stimano danni tra i tre e i cinque miliardi di dollari.

Danneggiati anche diversi ospedali, già sotto pressione per la pandemia di Covid-19 in netta ripresa nelle ultime settimane, e ormai oltre le loro capacità di cura, tanto che la Croce rossa ha iniziato a trasferire i pazienti in strutture sanitarie fuori dalla capitale, mentre le autorità libanesi hanno lanciato un appello alla comunità internazionale per l’invio di aiuti.

L’esplosione di ieri è stata la più potente che abbia mai colpito Beirut, città ancora segnata dalla guerra civile di 30 anni fa e alle prese con una grave crisi economica e un aumento dei casi di Covid-19. La deflagrazione è stata pari a una scossa di terremoto di magnitudo 4,5, avvertita anche nell’isola di Cipro. “Promettiamo ai libanesi che siamo determinati a procedere con le indagini, scoprire il prima possibile le circostanze di quanto accaduto a Beirut, chiamarne a rispondere i responsabili e infliggere le pene più severe nei loro confronti”, ha detto il presidente Michel Aoun dopo il consiglio dei ministri tenuto oggi che ha decretato due settimane di stato di emergenza per Beirut.

Il premier Hassan Diab ha subito denunciato “una catastrofe” per il Libano, già piegato da una grave crisi economica, la peggiore dai tempi della guerra civile del 1975-90, con un costante aumento dei prezzi dei generi alimentari e una crescente povertà in un paese fortemente dipendente dalle importazioni di cibo e carburante. Gli hangar del porto sono andati distrutti, così come il principale silo di grano; il ministro dell’Economia ha denunciato come al momento le riserve di grano presenti nel paese siano sufficienti per “poco meno di un mese”.

Il Libano è oggi uno dei paesi più indebitati del mondo, entrato in default lo scorso marzo, con il Fondo monetario internazionale (Fmi) che stima una contrazione dell’economia del 12% per l’anno in corso. A nulla è valso il nuovo governo insediatosi lo scorso gennaio dopo le dimissioni di Saad Hariri e del suo esecutivo causate dalle massicce proteste di piazza dello scorso anno.

Solo lunedì scorso si era dimesso il ministro degli Esteri Nassif Hitti, lanciando un monito sul rischio per il Libano di diventare “uno Stato fallito” a causa dell'”assenza di una reale volontà di intraprendere una riforma strutturale e totale, necessaria e richiesta dalla nostra società e dalla comunità internazionale”. Dissidi interni tra le diverse fazioni politiche hanno infatti ostacolato i colloqui in corso con il Fmi su un piano di rilancio economico messo a punto lo scorso aprile, che prevede un sostegno di 10 miliardi di dollari da parte della comunità internazionale.

L’esplosione è avvenuta anche in un momento di crescenti tensioni tra il gruppo sciita libanese Hezbollah e Israele e a pochi giorni dal verdetto del processo a carico di quattro miliziani Hezbollah per l’attentato con autobomba che nel 2005 uccise l’ex premier Rafik Hariri e altre 21 persone. Il verdetto è atteso venerdì prossimo all’Aja e oggi il figlio Saad Hariri ha detto oggi di non sapere se “sarà posticipato”.

Ieri fonti della Difesa israeliana hanno subito escluso ogni coinvolgimento nell’esplosione, così come gli Hezbollah hanno smentito che fosse stato colpito un proprio arsenale di armi. E il governo israeliano ha annunciato la propria disponibilità a inviare assistenza medica umanitaria.

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