La storia a lieto fine (?) dei kit rapidi dell’imprenditore Console

Ma ne vende più in Usa e America Latina che in Italia

GIU 3, 2020 -

Roma, 3 giu. (askanews) – Quando a febbraio aveva iniziato la sua scalata alla burocrazia italiana, Alessandro Console, giovane imprenditore italiano di stanza in Romania, aveva visto il potenziale dei test sierologici rapidi per uno screening della popolazione, ma il suo progetto di offrire questi kit “pungi-dito” prima di tutto all’Italia si è infranto contro un muro, superato, solo in parte, appena poche settimane fa, dopo tre mesi di mail, pareri e comunicati. “Adesso vendiamo i kit sierologici in molti paesi del mondo, gli affari vanno bene, ma l’impressione è quella di avere puntato sul cavallo sbagliato e di aver perso tempo prezioso”, confessa ad askanews che ha seguito la vicenda sin da inizio marzo.

“Avrei voluto venderli solo in Italia, ma tra la comunità scientifica spaccata, le direttive Regionali, le note errate dell’Istituto Superiore di Sanità, e la caccia alle streghe, mi rendo conto che per fare impresa è meglio guardare fuori. Mi manca molto il mio Paese, e spesso penso di volerci tornare e proseguire li il mio percorso professionale, ma questo virus mi ha anche ricordato il motivo per cui me ne sono andato dall’Italia anni fa, peccato”, ha aggiunto con rammarico.

Ad oggi tra gli ordini effettuati e quelli “in progress” la Telco Group SpA ha piazzato 250mila kit, di cui circa la metá tra Stati Uniti e America Latina e il resto in Europa, soltanto 15mila in Italia. E la società sta negoziando anche con il primo cliente in Ecuador che punta a 30.000 kit, ha venduto un lotto di test rapidi a uno dei sindacati dei lavoratori statali spagnoli, lo Sgtex, oltre a manifestazioni di interesse dalla Russia e dal comparto turistico.

Console, però, sente di aver perso la sua vera sfida, quella che poteva aiutare, forse, l’Italia a uscire prima e meglio dal lockdown: “Perché in Italia non è stato fatto a tutti il test sierologico rapido 2 mesi fa? Se il ministero mi avesse supportato dall’inizio oggi avremmo fatto il test sierologico a tutti gli taliani e saremmo usciti dalla quarantena piú sereni e molto prima?”. Per l’imprenditore la risposta chiaramente è sì, nonostante sui test rapidi la comunità scientifica si sia più volte divisa anche se l’Oms già nel 2003 individuava nel test rapido uno dei tre metodi per registrare il SARS-CoV, ceppo da cui deriva l’ormai noto e temuto coronavirus: cioè attraverso una goccia di sangue, con un test, in tutto simile a quello per la glicemia o al test di gravidanza, che in 10 minuti dà un riscontro sulla presenza degli anticorpi.

I test pungi-dito “sono uno strumento sufficientemente preciso per effettuare una prima scrematura dei contagi, non sono un’alternativa al tampone – ammette Console – ma sono in grado di identificare chi ha l’infezione in corso e chi è già stato contagiato ed ha superato l’infezione. Un sistema rapido ed economico per eseguire controlli a tappeto”.

Un sistema che ha vissuto una vera e propria odissea in Italia: a marzo Console ha scritto al ministro della Salute Roberto Speranza per presentare il prodotto che aveva trovato in Cina e chiedergli di accompagnarlo nel progetto della distribuzione in Italia. “Ho seguito tutti gli step. Mentre mi barcamenavo tra normative e consulenti, il sindacato dei farmacisti, Federfarma, ha emanato una circolare in cui sconsigliava ai farmacisti italiani di comprare i miei kit. Mi hanno deliberatamente messo i bastoni fra le ruote – racconta – Poi l’Istituto Superiore di Sanità ha fatto una verifica basandola (assurdo ma vero) soltanto sulle fotografie digitalizzate del mio sito, che non riportavano la marchiatura CE, e ha emanato una nota in cui dichiarava che i miei kit non sono validati” e che la “dichiarazione di conformità non fosse valida perché non datata”. Doppio errore, perché i kit hanno “un regolare codice di repertorio ministeriale e la certificazione è datata correttamente, l’ho fatto presente e dopo molte mail ho ottenuto una nota correttiva”. Rallentamenti che hanno “danneggiato la mia attività di distribuzione in Italia a danno di tutti”.