Tesoro Usa facilita accordo commercio: Cina non manipola più moneta

Resta nella lista di monitoraggio, come Italia, Germania e Giappone

GEN 14, 2020 -

Roma, 14 gen. (askanews) – La Cina come l’Italia, la Germania, l’Irlanda o il Giappone: da tenere sotto osservazione per le loro pratiche monetarie o il loro andamento macroeconomico, ma non da considerare “manipolatori della valuta”. Il Dipartimento al Tesoro Usa ha così fatto un ulteriore passo verso un disgelo con Pechino, in vista della firma dell’accordo di fase uno sul commercio tra Stati uniti e Repubblica popolare.

Gli Usa avevano indicato la Cina come “manipolatrice della moneta” la scorsa estate, nel picco del conflitto sul commercio. “In estate la Cina aveva assunto passi concreti per svalutare la sua moneta, pur mantenendo consistenti riserve di cambio nonostate l’uso attivo di tali strumenti in passato. A quel tempo le autorità cinesi avevano ammesso di avere un ampio controllo sul tasso di cambio del renminbi (lo yuan). In agosto il Tesoro aveva determinato che, in base alla Legge del 1988, la Cina era manipolatrice della moneta”, si legge nel semestrale rapporto periodico che il Tesoro consegna al Congresso sulle politiche macroeconomiche e di cambio dei suoi 20 principali partner commerciali.

Da agosto, però, il vento è cambiato. Sono partite negoziazioni con la Banca popolare della Cina – la banca centrale cinese – sulle questioni valutarie per eliminare “l’ingiusto vantaggio competitivo”, sostiene nel suo rapporto il Tesoro, che Pechino si prende con questo tipo di azioni. Inoltre, i due paesi hanno negoziato l’accordo di fase uno sul commercio, nel quale sono contenuti “impegni vincolanti di astenersi dalla svalutazione competitiva e di non agire sul tasso di cambio per scopi competitivi”. La Cina, inolte, ha concordato di “pubblicare informazioni rilevanti sul tasso di cambio e sulla bilancia esterna”. Per questi motivi, “il Tesoro ha determinato che la Cina non dovrebbe più essere designata come manipolatrice della moneta in questo momento”.

La decisione americana della scorsa estate di indicare la Cina come manipolatrice della moneta aveva provocato la reazione di Pechino che aveva addossato la colpa della svalutazione del renminbi al mercato, preoccupato dalla guerra commerciale con gli Stati uniti. Questa versione era stata anche appoggiata dal Fondo monetario internazionale (Fmi), secondo il quale la manipolazione non c’era stata.