Libia, a Tripoli si rischia bagno di sangue, Conte: fare di più

Salamé: Berlino fondamentale per sanare divisioni

DIC 7, 2019 -

Roma, 7 dic. (askanews) – L’Italia “deve fare di più” sulla Libia. Lo ha ammesso lo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sollecitato dalla stampa a margine dei Med Dialogues, dove oggi l’inviato speciale dell’Onu per la Libia, Ghassan Salamé, ha denunciato come alle porte di Tripoli sia in corso “una guerra di droni e mercenari” che fa temere “un bagno di sangue”. Anche perché la capitale “rischia di cadere” in mano alle forze del generale Khalifa Haftar, ha ammonito il ministro degli Esteri libico Mohamed Taher Siyala, e allora “si combatterà in ogni angolo per proteggere i propri figli”.

Il presidente del Consiglio ha annunciato quindi che si adopererà per arrivare a “una posizione comune europea” capace di ricomporre le divisioni della comunità internazionale sulla crisi libica. Divisioni che hanno impedito finora al Consiglio di sicurezza dell’Onu di chiedere un cessate il fuoco, e che in Libia si sono tradotte in un aumento delle “interferenze esterne” visibile, secondo Salamé, da “tipologia delle armi, presenza sul campo e assistenza prestata alle due parti”. L’inviato Onu ha snocciolato i numeri di questa escalation: 800 attacchi con droni da parte delle forze del generale Khalifa Haftar, sostenuto da Emirati arabi uniti, Egitto, Francia, e 270 da parte delle forze del governo di accordo nazionale di Tripoli, con l’appoggio di Turchia e Qatar. E poi la crescente presenza di mercenari, “che si danno battaglia su un fronte di decine e decine di chilometri”.

Sanare le divisioni internazionali e arrivare a “ricostruire un minimo di consenso tra le potenze che hanno influenza” in Libia è proprio l’obiettivo della conferenza di Berlino, ancora in fase di preparazione. Salamé ha spiegato che, a differenza delle iniziative simili tenute in passato, ci sarà una commissione di follow up a cui parteciperanno tutti i Paesi per assicurare l’applicazione di quanto verrà deciso.

Obiettivo condiviso dall’Italia, secondo cui “è necessario colmare l’ampio divario che separa la retorica pubblica e i comportamenti concludenti di tutti gli stakeholder locali e internazionali”. Anche perché, secondo il premier italiano, “anche se il generale Khalifa Haftar riuscisse a entrare a Tripoli, il conflitto non cesserebbe, “per come è strutturato lo scenario libico” e “considerate le tante milizie presenti”.

“Ecco perché bisogna lavorare adesso più che mai per indirizzare un percorso politico. Noi ci stiamo lavorando, in vista della Conferenza di Berlino. Quella è un’occasione”, ha concluso Conte.