Farnesina, una Guida per detenuti italiani all’estero

Da domani online. Vignali: sono 2.100, non li lasciamo da soli

NOV 19, 2019 -

Roma, 19 nov. (askanews) – Circa 2.100 italiani sono attualmente detenuti in 63 Paesi del mondo: 1.600, o poco più, si trovano in carceri dell’Unione europea, altri 500 fuori dall’Ue. Tutti hanno bisogno di assistenza, e assieme a loro i rispettivi familiari. E’ per rispondere a questa esigenza, “al bisogno di non sentirsi soli”, che la Farnesina ha messo a punto una Guida pratica all’assistenza consolare per i detenuti italiani all’estero, che da domani sarà possibile scaricare gratuitamente online.

Il ministero ha recepito “un importante invito giunto a luglio dal parlamento, che ha approvato una risoluzione risoluzione che chiedeva di mettere in condizione i familiari, i congiunti, gli amici dei detenuti di poter intervenire”, ha spiegato il direttore generale della direzione generale per gli Italiani all’estero, Luigi Maria Vignali. “Ci hanno chiesto di orientare chi poteva mettersi in moto, chi poteva attivare i legali, chi poteva recarsi nei paesi dov’era avvenuta la detenzione attraverso una Guida che potesse fornire il bagaglio di esperienze della nostra rete consolare per assistere i detenuti all’estero”.

In altre parole, di provare a porre il tema dei detenuti italiani all’estero “al centro” della diplomazia italiana e del governo, “nonostante la poca consapevolezza dell’opinione pubblica”, ha precisato il sottosegretario Manlio Di Stefano, intervenuto alla presentazione della Guida, che da domani sarà sul web “a disposizione di tutti per rendere più semplice ciò che in certe situazioni sembra difficile: capire quali numeri d’emergenza chiamare, quali avvocati di fiducia dell’ambasciata è possibile interpellare, quali sono i diritti dell’imputato”.

Tra i 2.100 detenuti italiani all’estero, a destare maggiore preoccupazione sono i circa 500 attualmente rinchiusi in prigioni di Stati non europei. Si trovano spesso “in Paesi molto difficili da gestire e da trattare, Paesi con cui non abbiamo accordi di estradizione o collaborazione giudiziaria”, ha commentato Vignali. E su di loro abbiamo “dati inquietanti”, che confermano condizioni insostenibili, ha insistito Di Stefano: “carceri con 100 detenuti per cella, casi di limitazioni basilari dei diritti, come quelle imposte alle visite dei familiari, l’impossibilità per detenuti in condizioni sanitarie che vanno affrontate con estrema attenzione di accedere alle visite mediche”.

Tra i casi irrisolti ci sono “quelli particolarmente delicati e sensibili” di Chicco Forti e di Giuseppe Lo Porto, detenuti negli Stati Uniti, e di Fulgenzio Obiang Esono, in Guinea equatoriale, per il quale non riusciamo ancora a stabilire un contatto diretto con l’autorità consolare. “Sono casi per i quali siamo impegnati da tempo e che speriamo di portare a soluzione nel più breve tempo possibile”, ha detto Vignali, che ha assicurato l’impegno della Farnesina per far valere “i loro diritti”. Fino a poco tempo, tra i casi più spinosi c’era anche quello di Denis Cavatassi, un connazionale originario di Tortoreto, in provincia di Teramo, detenuto per sette anni in Thailandia e condannato nel 2016 alla pena di morte con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio del suo socio, Luciano Butti, nel 2011. Adesso Cavatassi è libero, assolto dalla Corte Suprema tailandese, e il suo caso è stato risolto nel migliore dei modi, come quelli dei connazionali “Provisionato in Mauritania e Sciaudone in Indonesia”. Oggi Cavatassi ha portato alla Farnesina la sua testimonianza, un racconto lucido di un periodo molto duro, “nell’anello della prigione per i condannati alle pene più severe, dai 50 anni di carcere fino alla pena di morte, in condizione di isolamento e con le catene da indossare per diversi mesi”.

Un racconto che si è concluso con un auspicio. “Spero”, ha detto, “che si prenda coscienza e si vada oltre la punizione, andando verso un nuovo approccio al problema criminale, in modo da arrivare a un sistema di riabilitazione e recupero di soggetti deboli con ideali non in linea con il vivere sociale”.