Italia-Russia, a Roma convegno sull’eredità di Evgenij Primakov

Ricordi e riflessioni sul teorico del "mondo multipolare"

NOV 5, 2019 -

Roma, 5 nov. (askanews) – Il 29 ottobre Evgenij Primakov avrebbe compiuto 90 anni. E’ scomparso nel 2015 e ha vissuto abbastanza da vedere che le sue peggiori previsioni si stavano in buona parte avverando. Se fosse ancora tra noi ne avrebbe oggi conferma: caos in Medio Oriente, la questione nucleare con Iran e Corea del Nord tutt’altro che risolta, i rapporti tra Usa e Russia al minimo storico per non parlare dell’Ue, la Nato convinta di poter continuare la sua avanzata in terra ex sovietica, con Ucraina e Georgia nel mirino. Tutte “conseguenze della miopia politica” occidentale e degli Stati Uniti in particolare, che l’ex ministro degli Esteri ed ex premier russo passa in rassegna nel suo libro “Un mondo senza la Russia?” presentato di recente nell’edizione italiana, in cui l’autore della dottrina della “multivettorialità” traccia i principali eventi del decennio 1999-2009.

Quest’opera ha fatto da sfondo oggi al convegno “Dal mondo unipolare al mondo multipolare. Eredità di E.M.Primakov” organizzato presso il Centro Russo di Scienza e Cultura a Roma, a cui hanno partecipato l’ambasciatore della Federazione russa Sergej Razov, l’ex ministro degli Esteri e presidente del Consiglio Lamberto Dini, il presidente della Commissione per la politica di informazione del Senato Russo Aleksej Puskov, l’ambasciatore russo presso la Santa Sede Aleksander Avdeev. Non solo presenze istituzionali, ma diplomatici e politici che hanno conosciuto Primakov, che con lui hanno lavorato, e che attraverso i loro ricordi ne hanno ricostruito la figura di statista determinato a difendere gli interessi russi, cercando però sempre la via del negoziato.

E’ celebre l’inversione di rotta sull’Atlantico dell’areo con cui Primakov stava volando verso gli Usa, decisa dall’allora premier russo dopo avere appreso che la Nato aveva iniziato a bombardare la Jugoslavia, senza avvertire la Russia. Era Il 24 marzo 1999. “Primakov chiamò (il vicepresidente Usa) Al Gore, che gli disse: vieni, parliamone, ma lui aveva deciso che era il caso di cancellare la visita. Chiamò il presidente Elcin, che gli chiese se il carburante per tornare indietro sarebbe bastato. E lo lascio fare”, ha ricordato oggi Puskov, secondo cui quell’inversione di rotta aerea indicò anche una svolta nella politica estera russa: “dalla dottrina di partner di minoranza a dottrina della Russia come centro di forza indipendente”. Perché “Primakov non voleva contrapporsi su tutto, voleva difendere gli interessi russi anche in una situazione di pressione da parte degli americani”, ha sintetizzato il senatore russo. Di lì a meno di un anno al Cremlino sarebbe arrivato Vladimir Putin.

L’ambasciatore Razov ha raccontato come Primakov salvò all’ultimo minuto nel 1997 l’accordo di pace per il Tagikistan dopo cinque anni di guerra civile, convincendo a ricredersi il capo dell’opposizione che all’ultimo minuto non voleva più firmare. “Il futuro di un Paese dipende spesso dalla saggezza di uno statista, uno solo”, ha detto il diplomatico. Il collega che rappresenta la Russia presso la Santa Sede ha evocato da parte sua i tentativi di disinnescare la crisi del Kosovo, che portarono Primakov a Belgrado, a cercare di convincere Milosevic che la strada presa con la minoranza albanese avrebbe portato al disastro. “Primakov aveva una forte coscienza della tragedia balcanica e pensava che agli Usa facesse comodo destabilizzare la regione non solo in funzione anti-Russia, ma anche per dividere l’Ue. Credo che avesse ragione”, ha affermato l’ambasciatore Avdeev.

Da parte italiana, Lamberto Dini, che è stato ministro degli Esteri contemporaneamente a Primakov, ha ricordato “un uomo integro, affidabile, coraggioso, amante della diplomazia diretta. Ma guai a confondere la sua affabilità con la debolezza”. Nel 2009, l’anno dopo il conflitto con la Georgia, ha ricordato Dini, “Primakov disse che la Russia era stata costretta ad usare la forza per difendere la sua sicurezza. Credo che per l’Ucraina avrebbe intrapreso la stessa azione decisa da Putin nel 2014”.