Brexit, il giorno del giudizio a Westminster forse non sarà oggi

Emendamento punta a rinviare voto sull'accordo con la Ue

OTT 19, 2019 -

Roma, 19 ott. (askanews) – Le speranze del premier britannico Boris Johnson di portare a a casa stasera il via libera del parlAmento di Westminster al suo accordo di divorzi dalla Ue potrebbero andare deluse a causa di un’iniziativa dei deputati di rinviare il cosiddetto “voto significativo”. A un’ora dall’avvio della prima seduta del Parlamento britannico di sabato degli ultimi 37 anni Downing Street continua la caccia ai 320 voti che le servono per vincere un voto sul filo del rasoio, il cui destino è nelle mani di un gruppo di laburisti incerti, degli “spartani” conservatori, fautori della linea dura sulla Brexit, e dei ribelli Tory espulsi dal partito.

A un emendamento alla proposta del governo presentato dall’ex conservatore Oliver Letwin rischia di rinviare il voto sull’intesa fino a quando tutta la legislazione necessaria all’attuazione del divorzio non sia stata approvata. I laburisti dovrebbero sostenere l’emendamento e il presidente dalla Camera dei Comuni John Bercow dovrebbe ammetterlo al dibattito in aula.

L’obiettivo dell’emendamento, che mira a sventare una possibile imboscata dei falchi del no-deal, i quali potrebbero dire si l’accordo di massima ma poi bocciare le leggi attuative, è di costringere Johnson a chiedere alla Ue un rinvio della Brexit oltre il 31 ottobre e potrebbe rimandare per settimane il “voto significativo”.

Downing Street ha fatto sapere che la mozione del governo verrà comunque messa ai voti nella speranza di un’approvazione simbolica, ma il successo dell’emendamento Letwin toglierebbe al premier la soddisfazione di intascare l’ok del Parlamento all’accordo negoziato sul filo di lana con la Ue. E se la mozione viene bocciata, Johnson potrebbe dover fare i conti con un emendamento non vincolante che chiede un secondo referendum, presentato dai deputati labour Peter Kyle Phil Wilson con l’obiettivo di dimostrare che la maggioranza dei Comuni vuole un voto popolare sui futuri rapporti tra Londra e il resto del Vecchio Continente.