Nuove carte su Hirohito: pensò ad abdicazione fino al ’51

Ma poi restò sul trono fino alla morte, nel 1989

AGO 20, 2019 -

Roma, 20 ago. (askanews) – Non sono un cambio di rotta, da un punto di vista storico, ma un inquadramento più preciso dei sentimenti del defunto imperatore giapponese Showa – che da vivo si chiamava Hirohito – nel dopoguerra che seguì la sconfitta nippnica nella seconda guerra mondiale. Nuovi documenti che in questi giorni vengono diffusi, forniscono il quadro di un Tenno intenzionato ad abdicare almeno fino al Trattato di Pace di San Francisco, nel 1951, e che avrebbe voluto chiedere scusa ai paesi vittima dell’aggressione bellica giapponese, ma che fu bloccato dall’allora primo ministro Shigeru Yoshida.

Le informazioni derivano dai diari di Michiji Tajima, che fu il numero uno dell’Agenzia della Casa imperiale tra il 1948 e il 1953. Il funzionario aveva un accesso privilegiato all’Imperatore, tanto da poterne raccogliere le confidenze.

“Se popolo vorrà la mia abdicazione, non esiterò a farlo” avrebbe detto Hirohito a Tajima alla fine del 1951, dopo la firma del Trattato di Pace con le potenze vincitrici della guerra (meno l’Unione sovietica).

Non è una novità che Hirohito volesse abdicare dopo la fine della guerra, ma finora si credeva che questa volontà fosse stata in qualche modo ritirata su sollecitazione del generale Douglas MacArthur, comandante delle Forze Usa nel Pacifico che sconfissero l’Armata giapponese e “dominus” nell’Arcipelago occupato nell’immediato dopoguerra. E, comunque, che l’idea di lasciare il trono fosse tramontata quando a Hirohito fu assicurato l’esonero dall’eventualità di un processo presso il Tribunale internazionale per i crimini di guerra in Estremo Oriente, che condannò all’impiccaggione diversi alti esponenti del regime militarista di Tokyo, i quali in definitiva avevano agito in nome dell’Imperatore stesso.

L’ex ministro dell’Interno Koichi Kido nel 1945 scriveva sul suo diario che l’Imperatore gli aveva chiesto se una sua abdicazione avrebbe potuto salvare dal giudizio delle Potenze alleate gli esponenti del regime alla sbarra. In ogni caso, quando a novembre 1948 fu emessa la sentenza del tribunale, Hirohito espresse la volontà di restare sul trono.

Tuttavia i nuovi documenti di Tajima rivelano che a dicembre 1949, di nuovo, Hirohito ventiò l’idea dell’abdicazione: “Quando il trattato di pace sarà concluso e la discussione sulla mia abdicazione riemergerà, io potrei pensare all’abdicazioen se la situazione lo consentisse”. E un mese prima della firma del trattato, il 22 agosto 1951, Hirohito tornò sulla questione: “Nel mio caso, assumendomi la responsabilità e lasciando il mio posto, sarebbe facile, perché vorrebbe dire che io posso condurre la mia vita come mi piace”.

Dai documenti di Tajima è anche emersa, nei giorni scorsi, la volontà di Hirohito di esprimere “rimorso” per l’aggressione giapponse nella seconda guerra mondiale, assumendosi la responsabilità per quanto avvenuto. Ma questo passo, che pure avrebbe consentito uno sviluppo di rapporti futuri più armoniosi coi paesi vicini, fu sconsigliato dal premier Yoshida perché, secondo lui, avrebbe dato l’occasione per sollevare di nuovo la spinosa questione delle responsabilità dell’Imperatore.

Diversamente da molte monarchie, che furono spazzate via dalla sconfitta nella seconda guerra mondiale, e tra queste quella in Italia, la dinastia giapponese prosegue ancora oggi. Sebbene ogni decisione presa dai governi militaristi giapponesi fosse stata presa in nome del Tenno, Hirohito fu considerato non responsabile delle scelte politiche, sulla base dell’assunto che l’Imperatore non avrebbe avuto la possibilità di incidere su quelle decisioni.

Hirohito restò sul Trono del Crisantemo fino al 1989, quando morì. Gli successe il figlio Akihito, che proprio quest’anno è stato il primo imperatore nipponico a scegliere la via dell’abdicazione da due secoli a questa parte.